Avrebbe dovuto ricevere il Campiello alla carriera sabato 4 settembre, in quella Venezia che lo aveva adottato e cullato come si fa con i figli talentuosi e che riempiono di orgoglio, ma Daniele Del Giudice ci ha lasciati, prima di poter prendere tra le mani l’ennesimo premio di una carriera strabiliante, iniziato nel 1983 con Lo stadio di Wimbledon e la benedizione di Italo Calvino, che ne parlò come di “un nuovo sistema di coordinate”.

Lo scrittore, romano di nascita ma che di un’abitazione di fronte alla Giudecca aveva fatto da anni il suo buen retiro, è morto a 72 anni per una malattia neurologica con cui era in lotta da tempo; leggenda vuole che dal padre, appena bambino, ebbe in regalo una macchina da scrivere e una bicicletta, poco prima della sua prematura scomparsa. Un segno del destino, quello che Del Giudice si sarebbe costruito, diventando un autore apprezzato anche per la coerenza che ha sempre riservato a se stesso e alle sue opere, accostato all’ossessione per il movimento, lo spazio, le forme.

Gli esordi nel mondo del giornalismo da giovanissimo, senza neppure aver concluso gli studi universitari; Paese Sera, a Milano, poi via verso Einaudi – che poi pubblicherà tutti i suoi romanzi – per diventare consulente editoriale. Di quel mondo, in cui era pienamente immerso, del resto, Del Giudice aveva fatto lo scenario proprio di quel romanzo d’esordio, in cui un aspirante scrittore si mette sulle tracce dell’elusivo e geniale Bobi Balzen, l’intellettuale e studioso centrale nella creazione della casa editrice Adelphi.

Attento osservatore della realtà storica che lo circondava, Daniele Del Giudice ne ha riportata sempre un po’ nei suoi libri, a partire da Atlante Occidentale, cui la nuova edizione aggiunge il Taccuino di Ginevra, cinquanta pagine o poco più di resoconto della visita che lo scrittore fece al Cern, nella città svizzera, nel 1984, in cui in un certo qual modo anticipava il ruolo della tecnologia nella nostra percezione delle cose e del nostro stesso corpo.

Poco avvezzo alle apparizioni pubbliche, Del Giudice è comunque stato tra gli scrittori più premiati del suo tempo: fra i riconoscimenti menzioniamo il Viareggio Opera Prima nel 1983, il premio Giovanni Comisso nel 1985, il premio Bergamo nel 1986, il Bagutta nel 1995. E il Campiello, per l’appunto, che non potrà ritirare. Daniele, in punta di piedi, come è vissuto, se ne è andato.

Questi i libri più famosi dello scrittore.

1. Lo stadio di Wimbledon

Lo stadio di Wimbledon (Einaudi tascabili. Scrittori Vol. 358)

Lo stadio di Wimbledon (Einaudi tascabili. Scrittori Vol. 358)

Un giovane si mette sulle tracce di un certo personaggio, amico di Saba e Montale e incontra le persone che lo conobbero, reticenti o evasivi custodi di un mistero. Di lui rimane soltanto un'invincibile fascinazione e nessun libro. È il primo romanzo di Daniele Del Giudice.
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2. Atlante Occidentale

Atlante occidentale. Con il Taccuino di Ginevra. Nuova ediz.

Atlante occidentale. Con il Taccuino di Ginevra. Nuova ediz.

Del Giudice scrisse Atlante Occidentale negli anni '80, durante i giorni del sopralluogo al Cern di Ginevra prima di scrivere il romanzo. La prefazione è di un famoso fisico italiano che al Cern ha lavorato per molti anni e che, oltre ad amare il romanzo di Del Giudice, nelle pagine del diario ginevrino ha riconosciuto colleghi, situazioni e atmosfere a lui ben note.
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3. Nel museo di Reims

Nel museo di Reims (L'Arcipelago Einaudi Vol. 170)

Nel museo di Reims (L'Arcipelago Einaudi Vol. 170)

Si dice che quando si perde la vista si amplino gli altri sensi. Dev'essere per questo che a Barnaba, che sta per diventare cieco, la voce di Anne sembra di un «colore caldo e brillante, lucido di tenerezza». Ma di Anne forse non ci si può fidare. Eppure Barnaba decide di farsi guidare dalla sua voce per le sale del museo di Reims, e di condividere con lei il suo segreto, l'ossessione per un celebre dipinto che lo ha spinto fin lì.
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4. Orizzonte mobile

Orizzonte mobile (Supercoralli)

Orizzonte mobile (Supercoralli)

Un uomo in viaggio verso il «piú profondo e radicale dei Sud», l'Antartide. Da Santiago del Cile a Punta Arenas e poi sempre piú giú, sopra «un altro pianeta, un corpo celeste abitato da milioni di pinguini, impacciati e impeccabili marziani». Esplorando un gelido Meridione che conserva nei suoi ghiacci le storie di chi l'ha abitato, di chi ha cercato di raggiungerlo: uomini avventurosi dal destino spesso tragico ed emblematico che si sono spinti fin dentro quel cuore di tenebra abbacinante.
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5. In questa luce

In questa luce

In questa luce

Con la consueta intensità di scrittura Del Giudice ci racconta del cinema e della televisione degli anni Cinquanta. I ricordi del bambino si mescolano con le riflessioni dell’uomo. Poi vengono le città: splendida e, quasi, commovente la descrizione di una passeggiata notturna a Venezia. Rabat, Treviso e Stavanger sono i tre luoghi protagonisti del brano che più si avvicina al racconto puro: Mercanti del tempo.
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