Loredana Bertè Shock: "Ecco Cosa Faceva Nostro Padre Guardando Mimì"

Il suicidio, mai accettato come tale dalla famiglia, di Mia Martini. Un'infanzia violenta trapelata più volte nelle parole delle canzoni di Mimì. Loredana Bertè si è aperta senza veli e senza filtri a Vanity Fair, in un'intervista dai contenuti shock.

Loredana Bertè torna con una ridda di rivelazioni shock che emergono da un’intervista a Vanity Fair in cui la cantante si è raccontata senza veli, senza vergogna, senza alcun filtro. Parla dell’infanzia difficile, della morte di Mimì… Ricordi condensati nell’autobiografia “Traslocando” scritta a quattro mani con Malcom Pagani – uscita nei giorni scorsi per Rizzoli – e raccolti e rilanciati pure dall’agenzia di stampa La Presse.

Nostro padre era un violento che massacrava di botte nostra madre, anche quando era incinta – riconferma Loredana Bertè a Vanity Fair – uno che ha buttato mia sorella dal balcone per un brutto voto a scuola e che, quando mamma non gliela dava, veniva in camera di noi bambine a masturbarsi guardando Mimì. Lei lo sentiva arrivare e mi diceva: ‘Chiudi gli occhi, fai finta di dormire’. Io guardavo attraverso le ciglia e vedevo una cosa che non capivo: cosa facesse quest’uomo fermo ai piedi del mio letto, girato verso mia sorella. Mimì mi ha spiegato tutto dopo molto tempo.

Dettagli che aprono sempre più spiragli sulla vita tormentata delle sorelle e sugli imperituri tentativi di Mimì di proteggere Loredana dalle profondità più buie dell’abisso.

“È sempre stato così: un padre padrone. A mia madre la prendeva a calci in c.., le dava il veleno”. Non è la prima volta che Loredana Berté rilascia interviste – queste parole sono tratte da un colloquio con Maurizio Becker per Musica Leggera nel 2009; la rivista oggi è chiusa, a quanto ci risulta, ma rimangono le tracce del discorso di Loredana Bertè in un articolo di Repubblica – in cui racconta la sua verità dura, sconvolgente e cruda sulla vita in famiglia, sull’amata sorella Mia Martini, trovata morta a soli 47 anni il 14 maggio 1995, a due giorni dal decesso, in circostanze mai del tutto chiarite: si è molto parlato di suicidio, ma le sorelle hanno sempre rigettato con forza questa ipotesi.

mia martini
Mia Martini detta Mimì – Fonte: Web

Ho saputo che Mimì – aveva detto Loredana Bertè a Musica Leggera – era andata due giorni dal padre (a Cardano al Campo, ndr), che non vedeva da 40 anni. Lui le ha dato un appartamento del c…, dove non c’era niente. C’era un materasso steso per terra e basta. Mimì si lamentava, diceva che quel posto faceva schifo e che non ci sarebbe rimasta. C’è stata in tutto tre giorni: uno da viva e due da morta, ma in quell’appartamento ce l’ha messa il padre, poteva tenersela lui… Poi quando l’ho vista dentro la bara, era massacrata, piena di lividi.

Eppure il referto ufficiale redatto dal medico legale dopo l’autopsia riportava come causa del decesso “arresto cardiaco per overdose di stupefacenti”.

Che ne so – aveva detto ancora la voce di ‘Non sono una signora’ – magari Mimì si è fatta uno spinello e lui è entrato e l’ha massacrata. Perché è sempre stato così. […]. Quando nostra madre aspettava il maschio lui la prese a calci nella pancia e io vidi il pavimento del bagno che aveva cambiato colore: aveva ammazzato l’unico figlio maschio. Allora ce ne siamo andate, io e Mimì. E così purtroppo quello è morto, non ce l’ha fatta.

Dichiarazioni corroborate dalla dolcezza graffiante della voce di Mimì in canzoni come Padre, Davvero, grido disperato contro un genitore che tale non ha mai saputo essere: “Poi sono venuta e non mi volevi: ero una bocca in più da sfamare; non sono cresciuta come speravi e come avevo il dovere di fare… Padre, davvero, che cosa mi hai dato? Ma continuare è fiato sprecato…”.

L’autobiografia è stata una forma di salvezza per Loredana Bertè, una valvola di sfogo per dire tutto, finalmente, in un fiato e per ricomporre i tasselli di un puzzle frantumato in mille pezzi troppe volte nel corso della vita.

Ho sentito che dovevo raccontare le cose io, adesso che sono ancora viva. Non volevo che qualcuno pensasse di poter parlare della mia vita con me morta.

Un insegnamento probabilmente tratto anche da quanto accaduto alla sorella Mia Martini. Un lutto mai elaborato, distruttivo, caduto nello stesso periodo in cui Loredana Bertè stava rompendo il matrimonio con il tennista svedese Björn Borg. E un rimpianto enorme: non aver mai avuto figli. Loredana ne avrebbe voluti quattro, forse cinque, il riscatto nei confronti di un’infanzia mai vissuta. Borg no, lui ne aveva già uno: Robin.

La fine della nostra storia ha coinciso con la morte di Mimì e io non mi sono più ripresa. Non è vero che il tempo cancella, è sempre ieri. Lei prima di morire mi ha telefonato e io non ho risposto. Poco prima aveva insistito per regalarmi un cellulare, ‘Così ti trovo’, ma io non l’ho voluto. Mi sono punita per questi errori che avrebbero potuto salvarle la vita.

Speriamo che Loredana Bertè si sia perdonata per questi errori che, a nostro modesto avviso, non ha commesso; anche fosse, la vita avara della sua infanzia avrebbe già riscosso ampiamente il debito. E un ricordo doveroso a Mimì, ferita mai cicatrizzata della musica italiana, della sua famiglia e di tutti coloro che l’hanno amata, per la voce, per il cuore o per entrambi.

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