Lui è l'uomo che l'ha stuprata, lei la vittima: insieme raccontano la loro storia

Una donna che vive nel ricordo dello stupro subito a 16 anni. Un uomo pentito di quello che ha fatto. Insieme, decidono di girare il mondo e scrivere un libro per parlare pubblicamente di quella notte che ha cambiato le loro vite per sempre. La storia di Thordis e Tom non deve essere giudicata, ma soltanto rispettata e compresa per ciò che è: uno dei possibili, coraggiosi modi per affrontare a viso aperto il dramma di uno stupro.

La strada per dimenticare e superare uno stupro non può essere facile, né può essere univoca: è un qualcosa di assolutamente, profondamente personale, intimo, che proprio come tale va rispettato, compreso, e mai giudicato. Perché non esiste una formula oggettivamente valida, una via “giusta” per andare avanti rispetto a una violenza subita, ma esistono percorsi differenti, cui ciascuna vittima arriva secondo un proprio iter personale, fisico ma prima ancora psicologico. Per tutti questi motivi la storia che vi stiamo raccontando non deve essere intesa come una soluzione corretta e universalmente accettabile al problema, né, ancora meno, come una giustificazione all’atto terribile che è stato compiuto, perché uno stupro non può e non deve essere giustificato, mai.

È però, sicuramente, il racconto di uno di quei percorsi possibili, di una scelta consapevole, di una possibilità.

Thordis Elva era una studentessa islandese di appena 16 anni quando è stata stuprata, nel 1996, dall’allora fidanzato, Tom Stranger, anche lui studente, venuto dall’Australia per uno scambio culturale.

A distanza di anni, e arrivandoci da prospettive naturalmente diverse, l’una quella della vittima e l’altro quella del carnefice, entrambi hanno deciso di incontrarsi di nuovo, per raccontare pubblicamente le loro storie inevitabilmente incrociate, e quello che è stato il loro futuro dopo quel drammatico episodio che ha, com’è ovvio, cambiato radicalmente le loro vite.

Tom ha violentato la fidanzatina del liceo approfittando del fatto che lei, una sera, avesse bevuto un po’ troppo rispetto al solito, e perciò fosse incapace di reagire. A proposito di quei momenti, Thordis ricorda:

Per restare cosciente, contavo silenziosamente i secondi sul mio orologio, e proprio da quella notte ho imparato che ci sono 72 mila secondi in due ore. Nonostante tutto, però, ciò che mi era capitato non mi ha fatto avere un’idea dello stupro così come lo conoscevo dalla TV: Tom non era un criminale armato, era il mio ragazzo, e io non ero stata violentata in un vicolo buio come si sente spesso.

Nonostante ciò, Thordis e Tom, dopo quel terribile episodio, decisero di vedersi sempre più di rado, appena un paio di volte prima del ritorno di lui in Australia.

Stranger ha detto per anni di non riuscire a visualizzare bene, nella propria mente, quello che fosse avvenuto durante la violenza, ma di sentire come un senso frustrante di colpevolezza di cui era intenzionato a liberarsi. Contemporaneamente Thordis, ormai 25enne, soffriva di esaurimento nervoso, dovuto alla profonda rabbia e all’odio covato per tutto quel tempo. Avrebbe potuto cadere nella depressione, come capita spesso a tante vittime di stupro, invece lei ha reagito, nella maniera più inaspettata: si è infatti decisa a spedire una lettera al suo carnefice per confessargli ogni sua emozione, e proprio da lì è partita una corrispondenza serrata via e-mail, culminata con un nuovo incontro, a Città del Capo, quasi 16 anni dopo quella terribile notte, proprio per discutere dell’impatto che, per ragioni differenti, lo stupro aveva irrimediabilmente avuto sulle loro vite.

Mentre l’aereo atterrava- ricorda adesso Thordis- ho pensato ‘Ma perché diavolo non mi sono presa un terapista o una bottiglia di vodka come fanno tutte?’. Alla fine, però, quel viaggio è stato fondamentale, per me.

Lo stesso è stato per Tom Stranger, che proprio in quella settimana passata con la sua vittima a Città del Capo ha avuto modo di riflettere su se stesso.

Ho capito di non essere una cattiva persona. Mi ci è voluto davvero tanto per superare quel punto oscuro della mia vita, e rispondere a questa domanda. Le mie azioni di quella sera del 1996 sono state dettate dall’egocentrismo: sentivo di meritare il corpo di Thordis, ma confessarle di averla violentata ha cambiato il mio rapporto con me stesso e ha trasferito la vergogna da lei a me.

Elva prosegue dicendo:

Mi sono chiesta a lungo cosa avrebbe potuto impedirmi di essere stuprata. Non sarebbe stata la gonna che indossavo, il mio sorriso o la mia cieca fiducia, l’unica cosa che avrebbe potuto fermare lo stupro era la volontà dell’uomo che mi stava stuprando. Lui avrebbe dovuto fermare se stesso.

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Thordis e Tom hanno scritto un libro insieme, South of Forgiveness, che racconta proprio di quello che entrambi definiscono “il momento più buio delle proprie vite”, e, sempre insieme, lo hanno presentato al TEDWomen di San Francisco, la tre  giorni di conferenze dedicate alle donne, lo scorso ottobre. La pubblicazione ufficiale del libro è prevista per marzo, per il momento però una copia può essere ordinata sull’omonimo sito realizzato dai due, southofforgiveness.

Fonte: southofforgiveness.com

Capisco tutti quelli che mi criticano per aver dato la possibilità a colui che mi ha violentata di parlare per dare le sue spiegazioni- ha detto Thordis durante uno degli incontri pubblici- ma sono anche certa della quantità di cose che possono essere imparate e comprese se si ascoltano entrambe le parti coinvolte in una vicenda del genere, perché tutto può trasformarsi in soluzione, se si ha la volontà di aiutare in questo senso. Ascoltando le idee e le attitudini che possono condurre ad azioni violenti si può anche capire come prevenirle, o sconfiggerle definitivamente.

Thordis e Tom oggi sono due persone nuove, consapevoli che il passato non può essere cancellato, ma capaci di essersi costruite, forse anche grazie al percorso congiunto che hanno scelto di fare, vite completamente nuove e pienamente realizzate. Lei è una giornalista e scrittrice affermata, eletta Woman of the Year nel 2015, madre e moglie felice, coinvolta e attivamente impegnata per difendere le donne, l’uguaglianza sociale e nella lotta alle violenze sessuali; lui si è ricostruito una vita a Sydney, assieme alla moglie Cat, come giardiniere paesaggistico.

Fonte: southofforgiveness.com

La violenza sessuale non è un problema delle donne, è un problema dell’umanità- afferma Thordis- e gli stupratori hanno il dovere sociale di abbattere ciò che è alla base di atti del genere.

Come detto, non ci si può arrogare il diritto di giudicare se questa sia la strada più o meno giusta, perché le possibilità per reagire a un atto di violenza sono evidentemente molteplici e troppo soggettive per essere passate al vaglio pubblico. Quella di Thordis e Tom è però una delle soluzioni possibili, e in quanto tale deve essere rispettata, comunque.

 

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