I maschi tossici vivono di meno: lo studio
Una nuova ricerca, condotta in 62 paesi, ha dimostrato una correlazione tra la pressione a conformarsi ad alcuni stereotipi sulla mascolinità e la mortalità maschile.
Una nuova ricerca, condotta in 62 paesi, ha dimostrato una correlazione tra la pressione a conformarsi ad alcuni stereotipi sulla mascolinità e la mortalità maschile.
Un nuovo studio, pubblicato sulla rivista Psychology of Men and Masculinities, ha dimostrato la correlazione tra la presenza nella società di stereotipi forti sulla mascolinità e la mortalità maschile.
La ricerca, condotta su 33.417 studenti universitari di 62 paesi, ha studiato approfonditamente le conseguenze della diffusione di comportamenti machisti, scoprendo che, nei Paesi nei quali gli stereotipi maschili sono più presenti, gli uomini hanno una aspettativa di vita inferiore rispetto a quelli che vivono in Paesi nei quali la pressione a conformarsi a tali atteggiamenti è meno forte.
Inoltre, gli uomini con forti convinzioni riguardo alla mascolinità hanno più spesso abitudini dannose o rischiose come il tabagismo, l’alcolismo, l’uso di sostanze e il contatto con animali velenosi, e dunque subiscono più spesso tutte le conseguenze di tali comportamenti a livello di salute, come cancro ai polmoni, cirrosi epatica, annegamento, lesioni, incidenti.
“I paesi che considerano la mascolinità più precaria probabilmente esercitano una maggiore pressione sugli uomini affinché sostengano le norme di genere maschile sulla tenacia e sul coraggio attraverso attività abituali di assunzione di rischi, esecuzione di lavori pericolosi e minori comportamenti di prevenzione e promozione della salute”, si legge nella ricerca. Secondo quanto scoperto, dunque, gli uomini con dei livelli di convinzione riguardo alla mascolinità superiori alla media vivono mediamente 6,69 anni in meno, e 6,17 anni in buona salute in meno.
Lo studio, effettuato nella University of South Florida, è stato capitanato dal ricercatore Joseph A. Vandello e dalla ricercatrice Jennifer K. Bosson, i quali, nel 2011, avevano coniato l’espressione “mascolinità precaria”. Con tale termine, i due avevano sottolineato come, per essere mantenuta come status, la mascolinità necessitasse di continue dimostrazioni pratiche, che comportano azioni aggressive e dominanti, pena la sua perdita immediata.
Secondo la ricerca, al livello più alto in quanto a presenza di mascolinità precaria troviamo paesi come l’Albania, l’Iran, il Kazakhstan, l’Ucraina. Al più basso, la Spagna, la Finlandia, la Germania, la Norvegia e la Svezia. Anche il nostro Paese è stato coinvolto nella ricerca, situandosi nella fascia media.
Perennemente con la musica in sottofondo e un libro di Flaubert in borsa, amo le grandi città e i temporali. Da bambina volevo diventare una scrittrice di gialli. Collaboro con Roba Da Donne, DireDonna e GravidanzaOnLine.
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