Monica Vitti è morta in punta di piedi, nel silenzio in cui si era rinchiusa da diversi anni, da quando, cioè, la malattia degenerativa l’aveva convinta al ritiro dalle scene di cui per oltre trent’anni era stata protagonista indiscussa e amatissima.

Versatile, elegante, istrionica, Monica Vitti aveva messo al servizio del cinema italiano il suo talento smisurato, lavorando con i grandissimi del cinema, di cui faceva parte. A dare l’annuncio della sua scomparsa l’ex sindaco di Roma Walter Veltroni, che ha dato voce alle parole del compagno di Vitti, Roberto Russo.

Cinque David di Donatello come migliore attrice protagonista (più altri quattro riconoscimenti speciali), tre Nastri d’Argento, 12 Globi d’oro (di cui due alla carriera) e un Ciak d’oro alla carriera, un Leone d’oro alla carriera a Venezia, un Orso d’argento alla Berlinale, una Cocha de Plata a San Sebastián, una candidatura al premio BAFTA: questo il palmarès di un’attrice straordinaria, che ha sempre preferito il lavoro, la dedizione e l’ironia al sex appeal, per quanto ne fosse abbondantemente dotata.

A novembre aveva compiuto 90 anni, celebrati da RaiPlay in un documentario, Vitti d’arte, Vitti d’amore, che ripercorre la sua magnifica carriera e permette anche al pubblico più giovane di scoprirla o riscoprirla, come artista capace di rompere i cliché legati alla figura femminile per costruire un nuovo prototipo di donna, intelligente, arguta, autoironica.

Il documentario è disponibile qui.

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