Nicoletta Romanoff, il dolore e la fede nell'anniversario della morte del fratello 21enne

Nicoletta Romanoff ricorda il fratello Enzo Manfredi, morto suicida nel 1997. Un dolore ancora vivo, raccontato nel libro "Come il tralcio alla vite".

«Non riesco più a distinguere tra te e il cielo». È con queste parole che Nicoletta Romanoff apre uno dei post più intimi mai pubblicati sul suo profilo Instagram. Una frase che racconta tutto: la perdita, la nostalgia, il tentativo di dare un senso. Il 26 maggio, data dell’anniversario della morte del fratello Enzo Manfredi, scomparso suicida nel 1997 a soli 21 anni, diventa per l’attrice un momento di condivisione pubblica e privata insieme.

Nicoletta Romanoff, il lutto trasformato in racconto

A distanza di quasi trent’anni da quel giorno, Nicoletta Romanoff – oggi 45enne – ha deciso di raccontare la sua storia nel libro Come il tralcio alla vite, uscito recentemente. È un memoir che mescola memoria, dolore e rinascita, attraversato dalla fede. E il 26 maggio 2025 è anche il primo anniversario celebrato insieme a chi ha letto quel libro, a chi ha conosciuto Enzo attraverso le sue parole.

«Questo è il primo 26 maggio condiviso con tutte le persone che hanno letto il mio libro, imparando a conoscere mio fratello e la nostra storia», scrive l’attrice.

Poi racconta un momento simbolico vissuto con la madre:

«Abbiamo attraversato la Porta Santa con tantissimi bambini in festa per questo Giubileo della Speranza. La Pietà di Michelangelo ci ha accolte manifestando tutta la Misericordia di Dio verso il dolore di una perdita così significativa. Tutto è possibile a Dio!».

La ferita aperta e il bisogno di fede

Il dolore per Enzo è ancora una ferita viva. In una recente intervista al Corriere della Sera, Romanoff ha raccontato che «qualcosa in me si è spezzato per sempre». Fratello e sorella erano molto legati, e la sua morte ha lasciato un vuoto difficile da colmare:

«Per molto tempo mi sono sentita mutilata e divisa in due. Enzo si è portato via una parte di me e io ho dovuto sviluppare una parte di lui per fare sopravvivere i miei genitori».

In quel dolore, la fede è diventata l’appiglio:

«Ho avuto ancora più bisogno di Dio nella mia vita. Ho trovato la mia pace nel percorso di fede».

Non a caso il titolo del libro – Come il tralcio alla vite – riprende un passo del Vangelo secondo Giovanni. E oggi la spiritualità è per lei parte integrante della quotidianità:

«La mia è una storia quotidiana di amicizia con Dio. Ci parli, gli confidi i tuoi problemi».

Un racconto che rompe il silenzio

Il post di Romanoff, come il suo libro, interrompe il silenzio che spesso circonda il tema del suicidio. Con dolcezza ma anche con coraggio, l’attrice mette in parole un lutto che la società tende ancora a rimuovere o stigmatizzare. E lo fa senza patetismi, ma con autenticità, tenendo insieme memoria, amore e fede.

Il suo invito finale ai follower – «Una preghiera per mio fratello Enzo – Manfredi ora anche un po’ di tutti coloro che hanno letto il mio libro» – è il segno di un dolore che si è fatto ponte, narrazione, presenza collettiva. Perché i lutti, quando trovano spazio per essere raccontati, possono diventare comunità. Anche su Instagram.

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