"Non accettiamo animali e gay", ma "scusate se sembro troglodita"

"Non accettiamo animali e gay". Il messaggio ricevuto da questa coppia dal titolare di una guest house lascia davvero basiti, e spinge a riflettere su quanto sia ancora molto lontana la tolleranza, vera, verso tutti.

Una risposta agghiacciante, di quelle che non ti aspetti di ricevere nel 2017 e che ti costringono ad aprire gli occhi su una realtà che un po’ fa rabbia e molto rattrista, che ti fa comprendere quanti siano davvero i passi da fare ancora verso l’abbattimento di discriminazione e ignoranza.

Sta facendo il giro dei social e dei media – e non potrebbe essere altrimenti – lo screenshot del messaggio che una coppia napoletana ha ricevuto, via WhatsApp, dal titolare di una guest house calabrese, dopo aver effettuato una prenotazione nella sua struttura per trascorrere un week end a Santa Maria, a pochi passi da Tropea, nel vibonese, una delle più belle e suggestive località balneari italiane.

Appena ristrutturata, con piscina e dependance, sembrava essere la soluzione ottimale per i due giovani, che, dopo aver regolarmente prenotato online, si sono messi in contatto con il proprietario per avere informazioni aggiuntive e chiarire i dettagli del loro pernottamento; peccato che proprio qui siano iniziati i problemi.

Forse essendo venuto a conoscenza del fatto che gli occupanti della dependance sarebbero stati due ragazzi omosessuali, o forse solo per mettere fin da principio i classici “puntini sulle i”, il titolare ha voluto spiegare, in un messaggio WhatsApp, le regole della sua guest house. Che li hanno lasciati senza parole.

Fonte: facebook @massimo arcangeli

Dependance finita a maggio, prima esperienza come affittuari, e poi quella precisazione terrificante, incredibile: “Non accettiamo gay né animali”. Preceduta, però, da un’ancor più incredibile frase: “Mi scuso se posso sembrare troglodita”.

I due ragazzi, estremamente feriti dalle parole del titolare, si sono dignitosamente limitati a cancellare la prenotazione, ma certo rimane profonda l’amarezza per quanto si sono sentiti dire:

I soldi per l’affitto che io e il mio compagno gli avremmo dato non sarebbero stati uguali a quelli che avrebbe ricevuto da una qualsiasi coppia etero?

Ha detto uno di loro all’Arcigay di Napoli, dove la coppia si è rivolta per rendere noto l’accaduto, e al linguista Massimo Arcangeli, che lo ha reso pubblico sulla sua pagina Facebook.

Non ci sono rimasto male per noi due – ha proseguito – ma nel mio cuore ho pensato alle ricadute pesantissime che un messaggio del genere avrebbe potuto avere su un ragazzo più giovane, che fatica a riconoscersi, ad accettarsi. O che, semplicemente, è più sensibile riguardo al proprio orientamento. Nessuno deve sentirsi inaccettato.

Già, perché, in fondo, proprio questo sembra essere il problema principale, il non essere accettati dalla società, il venire discriminati in base al proprio essere, reputato “sbagliato”, cosa che potenzialmente può essere letale per chi, come spiega il ragazzo protagonista della vicenda, non ha una personalità sufficientemente forte da comprendere che di sbagliato in lui, non c’è proprio niente, che la sua “diversità” non deve essere una colpa e non può essere fonte di livore o di vergogna verso se stesso. Non è poi tanto sbagliato il concetto che il giovane esprime ad Arcangeli:

Nella mia mente si è materializzata l’immagine storicamente e drammaticamente famosa dei cartelli nazisti esposti fuori dai negozi: vietato l’ingresso ai cani e agli ebrei. Da allora sono trascorsi ben 70 anni, ma da quegli eventi, probabilmente, molti non hanno tratto alcun insegnamento.

Perché, pur cambiando nomi, soggetti, contesto, la volontà che sottende a questo tipo di messaggi è sempre quella, allontanare, ghettizzare, far sentire, appunto, “sbagliati”.

Ma c’è di più, forse, dietro questa brutta storia di discriminazione e ignoranza, qui legate inestricabilmente, ed è l’essere vittime e al tempo stesso schiavi di un pregiudizio, subire ma anche farsi trascinare da preconcetti. Insomma chi ci rimette non è solo chi della discriminazione è vittima, ma anche, per assurdo, chi ne è l’artefice. E non perché, come in questo caso, ha una perdita economica legata alla disdetta di una prenotazione, ma perché subisce una sconfitta morale, umana. Si mette, appunto, al pari di chi 70 anni fa appendeva fuori dalle attività commerciali i cartelli che vietavano  l’ingresso agli ebrei, tacitamente accettando un sistema mirato esclusivamente a colpire, a ferire, a marchiare delle persone vittime di un ostracismo senza senso né ragione.

Più che preoccuparsi per essere sembrato troglodita dovrebbe farlo per la grandissima opportunità persa per dimostrarsi, semplicemente, umano.

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