Non giudicate la mamma risarcita perché suo figlio "non sarebbe dovuto nascere"

Una mamma è stata risarcita dalla Corte Suprema inglese per non aver ricevuto la diagnosi che stabiliva che suo figlio è affetto da emofilia. Se l'avesse saputo avrebbe scelto di non farlo nascere. Il giudice che ha concesso l'indennizzo ha spiegato perché non debba essere giudicata.

La Corte Suprema del Regno Unito ha concesso un risarcimento record, circa 9 milioni di sterline, pari a quasi 10 milioni di euro, a Omodele Meadows, una donna che ha denunciato in tribunale di non aver ricevuto la diagnosi corretta che le avrebbe impedito di far nascere suo figlio, oggi affetto da emofilia e autismo.

Sembra una storia in cui scatenare giudizi e polemiche è fin troppo semplice, ma anche il giudice che ha stabilito il pagamento del risarcimento a Omodele ha invitato a riflettere approfonditamente sulla vicenda di questa donna, e sulle motivazioni che, oggi, l’hanno spinta a dire che il suo bambino non sarebbe dovuto nascere, scevri da qualsivoglia preconcetto o banali moralismi.

Omodele, nel 2006, è venuta a conoscenza di un caso di emofilia in famiglia, precisamente nel nipote; quest’ultima è una patologia genetica ereditaria che presenta una forte insufficienza nella coagulazione del sangue, compromessa gravemente dalla mancanza, totale o parziale, del “fattore VIII” (nell’emofilia di tipo A), o del “fattore IX” (nei casi di emofilia B, o malattia di Christmas, dal cognome del malato in cui fu riscontrata per la prima volta). Secondo i dati forniti dalla Federazione Mondiale Emofilia, nel mondo ci sono, nel 2017, circa 28 mila individui con emofilia B.

L’emofilia pregiudica la salute del paziente che ne è affetto, provocandogli emorragie piuttosto gravi anche in seguito a semplici tagli o ferite superficiali; Omodele, saputo della malattia del nipote, ha deciso di effettuare su se stessa dei test genetici, al fine di escludere possibili complicazioni legate alla patologia in una futura gravidanza. Il suo medico di base, Hafshah Khan, però, le ha prescritto degli esami per le malattie del sangue, i quali riescono a evidenziare se una persona soffra della malattia, non se sia portatrice di geni eventualmente trasmissibili al feto. Rassicurata dai risultati, i quali avevano appurato che i suoi valori fossero nella norma, Omodele ha dato alla luce suo figlio, Adejuwon, nel settembre del 2011, e proprio alla nascita ha avuto l’amara sorpresa: il bambino è affetto da emofilia, e, ad oggi, le sue condizioni sono piuttosto complesse, perché aggravate anche dall’autismo, diagnosticato nel dicembre 2015. A causa della combinazione delle due patologie, oggi il bambino non è in grado di avvisare i genitori quando ha un’emorragia in corso, e questo naturalmente rende molto più difficile, per Omodele e il marito, riuscire a prestargli l’adeguato soccorso. Suo figlio non sarà mai in grado di affrontare da solo la propria malattia, di decidere delle medicazioni, non potrà mai essere del tutto autosufficiente, perciò Omodele ha scelto di chiedere il risarcimento contro il dottor Khan, perché se le fosse davvero stato sottoposto un test genetico, avrebbe potuto scoprire di essere una portatrice sana del gene. In questo modo, avrebbe eseguito un test di Dna fetale e, se avesse potuto sapere in anticipo che il suo bambino sarebbe stato malato, non avrebbe mai scelto di farlo nascere.

Per queste ragioni, il giudice, come riporta The Guardian, ha ritenuto opportuno concedere il risarcimento alla quarantenne, per entrambe le patologie, anche se qualcuno gli ha fatto notare che la diagnosi eventuale di emofilia non avrebbe potuto prevedere anche l’autismo. Le motivazioni addotte dal magistrato sono queste: “Non è facile per nessuna donna affermare che suo figlio non sarebbe dovuto nascere. 

Lei avrebbe semplicemente provato a evitare di portare nel mondo un bimbo affetto da emofilia, conoscendo la sofferenza che questa patologia comporta.

Non dubito che l’obiettivo primario di questa richiesta sia di garantire al figlio una vita migliore. Il fatto che lei affermi chiaramente che avrebbe interrotto la sua gravidanza se avesse saputo che il bambino sarebbe stato affetto da emofilia non significa affatto che ora Adejuwon  è un bambino indesiderato. Al contrario, sembra che sia molto amato e ben curato. L’onere di prendersi cura di lui, tuttavia, è molto più grande dell’onere di prendersi cura di un bambino normale e sano, e va ben oltre il costo puramente finanziario. Anche se questa è una rivendicazione per la sua perdita, non dubito che il motivo principale per chiedere questo risarcimento sia allo scopo di fornire una vita migliore per suo figlio”.

Il giudice ha poi aggiunto: “Allo stesso modo, riconosco che non può essere facile per un medico ammettere la responsabilità, sulla base di una consultazione per ottenere risultati ematici che lei stessa non aveva ordinato e probabilmente nel corso di una giornata impegnativa. Sono state ampiamente riferite le preoccupazioni circa l’aumento delle richieste di risarcimento nei casi negligenza medica; mantenersi equilibrati in queste circostanze non è facile, e la questione sottolinea semplicemente che esiste la necessità di un’applicazione rigorosa dei principi giuridici“.

Il giudice, insomma, ha invitato a non giudicare la mamma che ha ammesso che avrebbe preferito ricorrere all’interruzione di gravidanza per non mettere al mondo un figlio con difficoltà oggettive e piuttosto serie. Sottolineando che, forse, anche questa avrebbe potuto essere una grande dichiarazione d’amore verso il proprio bambino.

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