Nuoro, finestre sbarrate e porte senza maniglia: così teneva la compagna segregata in casa

La donna era costretta a vivere segregata in casa dal compagno 45enne, che la teneva rinchiusa nell’abitazione senza possibilità di comunicare con il mondo esterno: a trovarla i poliziotti di Macomer allertati dagli assistenti sociali.

Infissi sbarrati e legati con il fil di ferro, maniglie eliminate, porta blindata chiusa dall’esterno e abusi che andavano avanti da tempo. Così era costretta a vivere una donna nella cittadina di Macomer (Nuoro), segregata in casa dal compagno 45enne, che la teneva rinchiusa nell’abitazione senza possibilità di comunicare con il mondo esterno.

A trovarla sono stati gli uomini della Polizia, allertati dagli assistenti sociali del Comune, insospettiti dal fatto che la donna fosse sparita da tempo. Nessuno, però, poteva immaginare la reale situazione in cui si trovasse e quando gli agenti si sono recati al domicilio hanno scoperto la drammatica verità.

Arrivati sul posto i poliziotti hanno bussato alla porta di casa e hanno sentito dei lamenti provenire dall’interno. La donna, in stato di agitazione, ha poi detto agli agenti di non poter aprire perché non era in possesso delle chiavi. Il suo aguzzino, un uomo 45enne originario del sassarese e residente a Macomer, è stato rintracciato e portato sul posto per aprire la porta. Una volta entrati nella dimora gli uomini del commissariato si sono trovati di fronte una situazione agghiacciante.

La donna viveva completamente segregata in casa: gli infissi erano sbarrati e legati con fil di ferro, mentre le maniglie dei serramenti erano state eliminate e la porta blindata di ingresso era chiusa dall’esterno. La vittima, grazie all’aiuto di una psicologa, è riuscita a raccontare gli abusi che subiva quotidianamente da tempo, e attualmente è stata presa in carico dai servizi sociali e affidata a una casa famiglia.

Per il 45enne invece è scattato l’arresto in flagranza di reato: l’accusa è sequestro di persona e maltrattamenti. Ora è stato trasferito nel carcere oristanese di Massama d’intesa con la Procura di Oristano.

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