C’è una pandemia che, molto presumibilmente, non finirà quando finalmente ci saremo liberati da quella del Covid che da ormai un anno tiene in scacco la nostra normalità: è quella della violenza di genere, la “pandemia-ombra” che ogni giorno, nel mondo, miete milioni di vittime nell’indifferenza generale o quasi.

Milioni, infatti, sono le donne sfollate, a causa di guerre e disastri, vittime di abusi e di discriminazioni spesso profondamente connesse con il tessuto socioculturale; per questo le Nazioni Unite hanno deciso di stanziare, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne del 25 novembre scorso, 25 milioni di dollari dal fondo di emergenza per contrastare questo tipo di violenza, dividendo il denaro tra il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA) e UN Women. A una condizione fondamentale: che almeno il 30% del denaro sia devoluto a organizzazioni locali guidate da donne che prevengono la violenza, così da aiutare le sopravvissute ad avere un facile accesso all’assistenza medica e legale, ai servizi di pianificazione familiare, di salute mentale e di consulenza.

I bisogni delle donne e delle ragazze in ambito continuano a essere trascurati e sottofinanziati – ha spiegato il capo umanitario delle Nazioni Unite, Mark Lowcock – La pandemia Covid-19 ha contribuito a rivelare la piena portata della disuguaglianza di genere creando una serie di circostanze che minacciano di invertire i limitati progressi compiuti.

L’importanza che i fondi vengano gestiti direttamente dalle comunità che operano sul territorio, in base alle peculiari esigenze di ogni zona, e non secondo le agende dell’ONU o dei donatori, è stata sottolineata dalla co-direttrice del collettivo femminista Fe-Male in Libano, Hayat Mirshad, che parlando della situazione in essere nel Paese ha spiegato come il Covid e l’esplosione, nell’agosto del 2020, del porto di Beirut, abbiano compromesso una condizione già precaria, che ha costretto le organizzazioni di base operanti sulla scena ad adattarsi.

Il Covid ha influenzato la nostra situazione e ci ha imposto bisogni e priorità urgenti, per questo è importante avere fondi urgenti, e che questi siano flessibili.

La pandemia e l’emergenza sanitaria, con conseguente lockdown, hanno inasprito ulteriormente i casi di violenza domestica in tutto il mondo, tanto che un rapporto di UN Women, datato aprile 2020, ha stimato che, nei 12 mesi precedenti la pandemia, fossero 243 i milioni di donne e ragazze di età compresa tra i 15 e i 49 anni ad aver subito abusi sessuali o fisici da parte di un partner.

Ma secondo un documento più recente, della York University, i dati sarebbero in costante incremento: le chiamate ai numeri di assistenza sono aumentate in molti Paesi del 25-30%; uno studio americano ha rilevato che le chiamate per violenza domestica alla polizia in quindici grandi città statunitensi sono state in aumento del 10,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Significativamente, gli aumenti sono avvenuti in città prima d’ora mai al centro di storie di violenza domestica, suggerendo così che questa si stia purtroppo allargando a sempre più famiglie. In un sondaggio australiano somministrato nell’arco di un mese, aprile-maggio 2020, a 166 fornitori di servizi in prima linea, il 59% degli intervistati ha riferito un aumento della frequenza della violenza domestica e il 42% ha riferito che la pandemia ha provocato la prima volta una violenza familiare denunciata dalle donne.

Questi numeri fanno parzialmente capire come si siano messe le cose nel 2020, con la pandemia in corso; ne abbiamo ampiamente parlato anche in questo articolo, soffermandoci ovviamente in particolare sul caso italiano.

Non è un caso se, proprio in virtù dei dati allarmanti giunti negli ultimi anni sul fronte della Gender-based-violence, la violenza di genere appunto, la tematica sia stata riconosciuta come una priorità per i programmi di sviluppo globale dei donatori e delle istituzioni multilaterali; nel 2016 la Banca mondiale ha lanciato la Task Force globale sulla violenza di genere, per rispondere in modo specifico allo sfruttamento sessuale, mentre un anno dopo è stata lanciata l’iniziativa Spotlight, che cerca di arginare il problema della violenza contro le donne godendo di un finanziamento di circa 500 milioni di euro da parte della UE.

Spotlight risponde a tutte le forme di violenza contro donne e ragazze, con particolare attenzione alla violenza domestica e familiare, alla violenza sessuale e di genere, al femminicidio, alla tratta di esseri umani e allo sfruttamento sessuale ed economico (lavorativo), concentrandosi su sei pilastri: leggi e politiche, istituzioni, prevenzione, servizi, dati e movimenti delle donne.

La violenza di genere incide anche sull’economia intera di un Paese, come sottolinea un documento di World Bank, tanto da costare, per alcuni, fino al 3,7% del PIL nazionale, più del doppio di quanto la maggior parte dei governi spenda per l’istruzione.

Dati alla mano, investire per contrastare la violenza di genere sembrerebbe il primo e più importante passo da compiere; eppure, solo nel 2018, per fare un esempio, meno dello 0,3% degli aiuti bilaterali totali – 408 milioni di dollari – dai 14 maggiori donatori del mondo è andato ad affrontare questa violenza.

Non ci resta che aspettare e vedere se il finanziamento ONU da 25 milioni andrà finalmente a premere sull’acceleratore, arginando quella che, a tutti gli effetti, è una piaga mondiale di cui per ora non si vede la fine.

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