“Passengers (2016). Romantico/Sci-Fi”. Romantico. In una sola parola, la descrizione del film diretto da Morten Tyldum (The Imitation Game) da una sceneggiatura di Jon Spaihts (Doctor Strange, Prometheus) ci dice di cosa parla questa pellicola: di amore. Ma è davvero così? Non parla piuttosto di abuso, manipolazione, consenso violato, stalking, violenza? Non sarebbe più giusto catalogarlo per quello che davvero è: un film dell’orrore?

Piccolo riassunto per chi non ha visto il film (o non se lo ricorda). “Passengers” segue la storia di Jim Preston (Chris Pratt) e Aurora Lane (Jennifer Lawrence), due dei passeggeri in stato di sonno criogenico che viaggiano su un’astronave verso una colonia lontana. A causa di un malfunzionamento, Jim si sveglia 90 anni prima del previsto.
Durante la sua veglia solitaria, Jim inizia a pensare di trovare una compagna e decide di svegliare la giornalista Aurora, condannandola a vivere (e, soprattutto, a morire) con lui sulla nave. Jim nasconde la verità ad Aurora, facendole credere che il suo risveglio sia stato un incidente, e in poco tempo i due iniziano una relazione.
Come in ogni film romantico che si rispetti, ecco però che arriva l’ostacolo sulla storia del grande amore: Aurora scopre la verità. Niente paura: l’amore vero può tutto e, dopo diverse peripezie (e un bel po’ di romanticizzazione di quelli che altro non sono che atti persecutori in un luogo da cui è fisicamente impossibile scappare), l’happily ever after arriva anche per Jim e Aurora.

Tutto molto romantico. O no?

Riavvolgiamo la pellicola e riguardiamo il film pensando non al trionfo del grande amore, alla realizzazione dei desideri del protagonista triste e solitario o del lieto fine che ci aspettiamo dai disaster movie che hanno come protagonisti due bei volti di Hollywood. Partiamo da Aurora, la Bella Addormentata (il nome non è un caso) che viene svegliata così da poter coronare il suo destino: una storia d’amore con l’uomo che l’ha scelta. E che, come l’Aurora delle fiabe o Biancaneve, non ha voce in capitolo, completamente alla mercé di uno sconosciuto che non ha mai visto ma che ha su di lei potere assoluto. E di cui, come nelle fiabe, non può che innamorarsi al suo risveglio.

Completamente privata della sua possibilità di dare il proprio consenso, Aurora viene strappata alla sua vita, ai suoi desideri e alla sua autodeterminazione per soddisfare i suoi bisogni e la volontà di un uomo. Un uomo che decide di agire su di lei la più grande delle violenze, togliendole consapevolmente la libertà di scegliere e la vita, che la manipola spingendola a innamorarsi di lui nascondendole la realtà.

La dinamica di potere tra Jim e Aurora è profondamente squilibrata: Jim detiene il controllo totale della situazione e ha letteralmente potere di vita e di morte su Aurora. Un potere che decide di usare, consapevolmente. Sapendo quali saranno le conseguenze. E che continua ad agire dopo aver condannato a morte la donna. Questa asimmetria non viene mai veramente affrontata dal film, che preferisce concentrarsi sulla loro relazione romantica e sulla lotta dell’eroe (che intanto combatte per salvare la nave) per riconquistare la sua amata.

Il punto più critico del film è forse la romanticizzazione della manipolazione e del controllo. Invece di trattare l’atto di Jim come il crimine (morale, etico, penale) che è, lo dipinge in una luce simpatetica, giustificandolo come una conseguenza della solitudine estrema e del bisogno umano di avere qualcuno affianco. La narrazione romantica, che forza gli spettatori a desiderare che Jim riconquisti il ​​cuore di Aurora, minimizza la gravità della situazione, suggerendo che il vero amore possa nascere anche da atti così egoistici e dannosi.

Tutti sappiamo quanto sia dura stare soli, sembra dirci ogni momento il film. Come non capire il suo gesto? Come non empatizzare con un condannato a morte che ha cercato solo un po’ d’amore? Certo, a non vedere il fatto che Jim ha tolto la vita ad Aurora, creando una condizione dalla quale non può sfuggire e nella quale deve essere dipendente da lui, aiuta il fatto che lui sia classicamente bello e gentile e non un viscido inquietante.

Il volto pulito e sorridente di Chris Pratt, però, è l’ennesimo elemento che ci impedisce di vedere che quello che stiamo guardando non è un film romantico. È un thriller psicologico, un horror in cui una giovane donna è intrappolata nello spazio, lontano da qualsiasi forma di soccorso, con un uomo che ha deliberatamente compromesso il suo futuro e abusato di lei. Questo non esclude eliminare la solitudine e la disperazione del protagonista, significa ribaltare la prospettiva e indagarne (senza giustificarle) le criticità e le conseguenze, scegliendo di focalizzare il racconto non sull’amore ma sul potere e sui modi in cui è possibile esercitarlo.

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