Negli Stati Uniti, circa 3.400 bambini muoiono improvvisamente di Sids ogni anno, secondo i Centers for Disease Control and Prevention Sids, ed è una delle principali cause di morte neonatale. Ora, per la prima volta, uno studio di scienziati australiani potrebbe aver trovato il primo biomarcatore per la Sids.

Lo studio australiano ha evidenziato che alcuni bambini a rischio di sindrome della morte improvvisa del lattante, o Sids, hanno bassi livelli di un enzima chiamato butiril-colinesterasi (BChE) nel sangue. Lo studio, pubblicato il 6 maggio su eBioMedicine, potrebbe aprire la strada allo screening e agli interventi neonatali, nel caso in cui i risultati saranno corroborati da ulteriori ricerche.

È la prima volta che abbiamo un potenziale biomarcatore per la Sids“, ha confermato la dottoressa Carmel Harrington al New York Times, che ha guidato la ricerca presso il Children’s Hospital di Westmead, a Sydney, in Australia.

Gli scienziati stanno cercando ormai da decenni di individuare le basi biologiche che determinano la Sids, che rimane una delle principali cause di morte improvvisa nei bambini di età inferiore a 1 anno nei paesi occidentali.

Come riporta la stampa, Thomas Keens, pneumologo pediatrico presso il Children’s Hospital di Los Angeles, ha spiegato che uno dei motivi per cui la Sids è così difficile da trattare è che non è causata da un singolo meccanismo biologico, ma da una combinazione di fattori che si uniscono. Già molti studi in passato hanno confermato che tra i molteplici fattori ci siano una scarsa attività o danni in parti del cervello che controllano la frequenza cardiaca, la respirazione e l’eccitazione dal sonno, oltre a fattori di stress ambientale come letti troppo morbidi o fumo passivo. “Il pensiero tra i ricercatori è che alcuni bambini muoiono di Sids perché non si svegliano in risposta a una situazione pericolosa quando dormono“, ha detto al NYT il dottor Keens.

Il nuovo studio, però, ha scoperto che circa 9 bambini su 10 morti di Sids avevano livelli di BChE significativamente più bassi rispetto ai bambini degli altri gruppi esaminati. “Sono rimasta sbalordita“, ha detto la dottoressa Harrington al NYT. “Ma quello che abbiamo scoperto con questo studio è che questi bambini sono diversi dalla nascita, la differenza è nascosta e nessuno lo sapeva prima d’ora“.

L’enzima BChE, infatti, gioca un ruolo importante nella funzione dei neurotrasmettitori nel percorso di eccitazione del cervello. Bassi livelli di questo enzima possono indicare che il cervello del piccolo non è in grado di inviare segnali che incitino il bambino a svegliarsi o a girare la testa quando non riesce a respirare bene.

Sebbene lo studio abbia quindi identificato un importante marcatore chimico in un gruppo di neonati, serviranno ulteriori studi. “Abbiamo bisogno di molte più ricerche prima di poterne comprendere il reale significato di tutto ciò“, ha affermato al NYT il dottor Richard Goldstein, specialista in cure palliative pediatriche presso il Boston Children’s Hospital.

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