
Perché “My Ball” è il nuovo modo di dire ti amo (senza dirlo)
Il linguaggio dell'amore cambia continuamente: la Generazione Z sta utilizzando una nuova espressione, "My Ball".

Il linguaggio dell'amore cambia continuamente: la Generazione Z sta utilizzando una nuova espressione, "My Ball".
C’era una volta “trottolino amoroso”. Che per la verità non ha mai preso grande piede se non per qualche anno, sebbene faccia ancora parte dell’immaginario collettivo della Generazione X. Tuttavia, da tempo immemore, da ben prima che Catullo invocasse Imeneo, supervisore e garante delle nozze, si sono cercate delle parole per esprimere emozioni, sentimenti, relazioni. E ora anche la Gen Z ha una sua espressione peculiare, tra le tante, per parlare d’amore. E questa espressione è “My Ball”.
Come racconta SheKnows, “My Ball” è un’espressione nata nel dating show Love Island, e poi mutuata nel linguaggio di TikTok, soprattutto grazie a un rapper, Ddg, che l’ha usata durante le sue dirette Twich. Secondo lo stesso Ddg, si tratterebbe di un termine affettuoso che significherebbe “questa è la mia ragazza”, ovvero il titolo di una sua canzone, That’s My Ball. Ma forse non è tutto così semplice, perché in questa espressione è contenuta un’accezione oggettificatoria: ci si può giocare con la “ball” (cioè la palla), la si può passare in giro o addirittura collezionarla. Quindi forse non si tratta di un termine esattamente affettuoso.
Fermo restando che ogni generazione ha il diritto di creare le sue parole, bisognerebbe prestare attenzione ai cambiamenti di questo linguaggio. È possibile che “My Ball” altro non sia che un riflesso della cultura degli appuntamenti che pervade la Gen Z, ovvero l’idea del disimpegno sentimentale. Che va benissimo, purché si tratti di un processo volontario e consensuale. È il consenso, come sempre in queste occasioni, che ci dà una direzione importante su ciò che è giusto e ciò che non lo è. A spiegare questa cultura è l’esperta di salute mentale Caroline Fenkel:
“La nonchalance come tendenza tra gli adolescenti è profondamente radicata nell’attuale cultura del distacco e dell’autoconservazione. Per molti adolescenti, apparire indifferenti o ‘semplicemente cool’ è un segnale di resilienza emotiva e autosufficienza in un mondo che spesso appare iper-visibile e giudicante, principalmente attraverso i social media. […] La nonchalance non è sempre solo un tratto della personalità, a volte è un meccanismo di difesa. Gli adolescenti si muovono in ambienti sociali complessi, più visibili e controllati che mai. Incoraggiare conversazioni aperte sui sentimenti e fornire un supporto costante può aiutarli a sentirsi abbastanza sicuri da esprimere la propria vulnerabilità”.
Il linguaggio è importante, perché scrive e descrive il rispetto che abbiamo per le altre persone. Il linguaggio si trasforma, ma trasforma anche, deforma situazioni ed esseri umani in maniera positiva, negativa o neutra. E ciò che dovremmo fare è evitare le connotazioni negative, perché è lì che si annida la mancanza di rispetto, che non deve essere normalizzata.
Le giovani generazioni vanno educate alla consapevolezza in tal senso. Non indottrinate, anche perché, giustamente, molti e molte lo rifiuterebbero. Si tratta di comprendere il significato delle parole che si pronunciano, provando a capire se quelle parole contengono tracce di violenza, di oggettificazione, di mortificazione, di umiliazione.
Certo, qualcuno potrà dire che non è oggettivo, ma il rischio che comporta il relativismo è che tutto sia ammesso. Tuttavia il rispetto stesso comporta la negazione di violenza, di oggettificazione, di mortificazione, di umiliazione. E allora bisogna, più che decostruire, costruire parole nuove, che siano positive, rispettose.
Le emozioni non cambiano nel tempo: quell’amore che Saffo o Goethe esprimevano è sempre lo stesso. Però se c’è necessità di trovare parole nuove, questa necessità deve essere soddisfatta. Ed è importante che la Gen Z e poi la Gen Alpha trovino le loro parole, il dovere della società è solo diffondere modelli positivi e poi lasciare ai giovani il compito di realizzare un proprio dizionario delle emozioni. Perché le parole hanno un potere, ma è l’educazione a questo potere che deve essere implementata, non ci deve essere un vocabolario calato dall’alto.
Vorrei vivere in un incubo di David Lynch. #betweentwoworlds
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