Secondo lo scrittore svizzero Alain De Botton, nonostante i nostri sforzi tendiamo sempre a sposare la persona sbagliata. Ma perché ciò avviene?

De Botton afferma che il problema sta nel nostro approccio alle relazioni. Raramente prima di un matrimonio si approfondiscono le proprie complessità e quelle del partner. Le difficoltà nascono dal fatto che non ci conosciamo abbastanza come individui e tantomeno conosciamo il partner, di cui ci limitiamo a esplorare la superficie: i suoi amici, la sua famiglia, le sue passioni.

Come scrive De Botton per il New York Times, “il matrimonio finisce per essere una scommessa piena di speranza intrapresa da due persone che non sanno ancora chi sono o chi potrebbe essere l’altro, e che si legano a un futuro che non riescono a concepire e che hanno accuratamente evitato di indagare”.

Secondo lo scrittore, il motivo principale che spinge le persone a sposarsi è il disperato tentativo di ricostituire quel senso di ‘familiarità‘ che si è vissuto con la famiglia di origine. Un tentativo destinato al fallimento. “Stiamo cercando di ricreare, all’interno delle nostre relazioni adulte, i sentimenti che conoscevamo così bene durante l’infanzia” asserisce De Botton.

Per questo, spiega lo scrittore, spesso si confonde l’amore con realtà distruttive che abbiamo vissuto in gioventù e che ora cerchiamo, inconsciamente, di riprodurre. Ci ritroviamo, a volte, insieme a persone psicologicamente debilitate che ci illudiamo di poter ‘salvare’ o ci innamoriamo di individui che ci maltrattano o non ci considerano perché nell’infanzia abbiamo vissuto situazioni simili con i nostri genitori.

Ecco perché, afferma De Botton, “da adulti ci ritroviamo a rifiutare certi candidati al matrimonio non perché abbiano qualcosa di sbagliato ma perché sono troppo giusti – troppo equilibrati, maturi, comprensivi e affidabili – dato che nei nostri cuori tale rettitudine sembra estranea”.

In alcuni casi però, continua lo scrittore, ci sposiamo per semplice timore della solitudine; una scelta che può renderci profondamente infelici e frustrati. “Dobbiamo essere completamente in pace con la prospettiva di molti anni di solitudine per essere opportunamente esigenti nella scelta del partner; altrimenti rischiamo di amare il fatto di non essere più single piuttosto che il partner”.

Infine, secondo De Botton, ci si sposa con l’illusione di rendere permanente la bella sensazione provata nel momento della proposta, la celebrazione finale dei nostri sentimenti verso l’altra persona. Una celebrazione importantissima per la cultura romantica con cui siamo cresciuti. Questa idealizzazione dell’amore romantico può essere catastrofica quando ci si trova ad affrontare il vero rapporto di coppia, fatto di incomprensioni, litigi e calo della passione. Il romanticismo, in pratica, ha fatto molti danni, portandoci a credere che una relazione possa essere o ‘eccezionale’ o ‘spaventosa’.

“Non esiste un essere perfetto che può soddisfare tutti i nostri bisogni e salvarci dal nostro dolore”, asserisce De Botton. “Abbiamo bisogno di scambiare la visione romantica con una consapevolezza tragica (e, in certi casi, comica) che ogni essere umano ci frustra, si arrabbia, ci infastidisce, ci fa impazzire e ci delude – e noi (senza alcuna malizia) facciamo lo stesso.”

“Piuttosto che un’idea nozionale di perfetta complementarietà, è la capacità di tollerare le differenze con generosità il vero indicatore della persona ‘non eccessivamente sbagliata'”, continua lo scrittore. “La compatibilità è una conquista dell’amore; non deve essere la sua precondizione”.

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