A tre anni dalla morte di Pino Daniele (deceduto per un arresto cardiaco il 4 gennaio 2015), spuntano nuovi particolari sul suo decesso. A porre delle domande, a dare spazio alle richieste dei familiari è il settimanale “Giallo” che, per la prima volta, pubblica la perizia dei medici legali incaricati dal Tribunale di Roma. “Nessuno mi ha detto davvero com’è morto e se poteva essere salvato. Purtroppo non ero con lui in quei momenti ma sono convinta che, se ci fossi stata io, lui oggi sarebbe ancora qui”, queste le parole di Sara Daniele, 21 anni, la figlia del grande cantautore napoletano, attraverso la consulente Luisa Regimenti.

A provocare il decesso sarebbe stato unoshock cardiogeno in un soggetto affetto da cardiomiopatia dilatativa post-ischemica, coronaropatico e sottoposto a un intervento di by-pass aortocoronarico, iperteso” scrivono i medici. Il cantante, dunque, prosegue il settimanale “Giallo”, era a rischio. Secondo i medici, poi, “la decisione di Daniele di volersi far trasportare a Roma non è stata scevra di rischi”. Serviva agire subito, con tempestività, senza perdere un solo minuto. A peggiorare il quadro anche il trasporto in auto con il cantautore seduto anziché sdraiato: “Possiamo esprimere un giudizio di mera perdita di chance derivata dall’aver il Daniele preferito il trasferimento sino a Roma piuttosto che affidarsi ai sanitari dell’ambulanza medicalizzata e raggiungere il centro ospedaliero più vicino” scrivono i periti.

Secondo la consulente della famiglia Daniele, Luisa Regimenti, medico e presidente dell’associazione “Medicina legale contemporanea”, “emergono una serie di negligenze nella gestione dell’emergenza“: “Pino si sarebbe salvato se fossero state seguite le consuete procedure di soccorso mettendo da parte i protagonismi”. “Non dimentichiamo che il cantante è morto dopo quattro ore dal malore e non è stato un infarto fulminante” ribadisce la Regimenti a “Giallo”.

Ora la famiglia chiede a gran voce la riapertura delle indagini.

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