Professoressa Dell’Aria, i suoi alunni l’aspettano a scuola
Ci troviamo di fronte a un'insegnante che ha insegnato ai suoi studeti il bene prezioso della coscienza civile e sociale. E questa, sicuramente, non è una colpa.
Ci troviamo di fronte a un'insegnante che ha insegnato ai suoi studeti il bene prezioso della coscienza civile e sociale. E questa, sicuramente, non è una colpa.
È destinato a far discutere, e non poteva essere altrimenti, il caso della professoressa Rosa Maria Dell’Aria, sospesa per due settimane dal consiglio provinciale scolastico, l’11 maggio scorso, dall’insegnamento nell’istituto industriale Vittorio Emanuele III di Palermo.
La colpa dell’insegnante di lettere, che è dietro la cattedra da quarant’anni e il prossimo dovrebbe andare in pensione, è stata quella di non aver vigilato sul lavoro di un gruppo di studenti quattordicenni che, durante la Giornata della memoria, ha presentato un video – diffuso da Il Post – accostando la promulgazione delle leggi razziali del 1938 al “decreto sicurezza” del ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Prima di approfondire la nostra riflessione, è doveroso precisare che la normativa in vigore rispetto alla vigilanza degli insegnanti fa riferimento all’attività di controllo da svolgersi necessariamente al fine di tutelare l’incolumità fisica degli studenti, e non interessa né il lavoro didattico né, chiaramente, il modo di svolgimento dello stesso da parte degli alunni.
Anche per questo, e per l’atteggiamento eccessivamente zelante dei funzionari del ministero, la decisione di sospendere la professoressa suscita più di una perplessità, mentre dal mondo, anche politico, non sono mancate reazioni diverse alla notizia.
Come quella del pentastellato Luigi Gallo, Presidente della Commissione Cultura scienza e istruzione, che in un post Facebook ha scritto:
Piacciono solo i cittadini indottrinati? Obbedienti e quindi incapaci di costruire un mondo migliore di quello che ereditano, di spingerci oltre i diritti già conquistati? La verità è un’altra.
Mentre, dopo il tweet dell’esponente di estrema destra Claudio Perconte, diretto al Ministro dell’Istruzione Marco Bussetti, che ha fatto conoscere la storia del video, la sottosegretaria leghista ai Beni culturali, Lucia Borgonzoni, ha commentato su Facebook
Se è accaduto realmente andrebbe cacciato con ignominia un prof del genere e interdetto a vita dall’insegnamento. Già avvisato chi di dovere.
Com’era naturale aspettarsi, le parti sono molto divise, le opinioni pure.
Chi si è schierato totalmente con la professoressa sono sicuramente gli studenti del Vittorio Emanuele II: Alessandro Turi, rappresentante d’istituto, ha tenuto a ribadire: “La professoressa Dell’Aria si è limitata a fare una lezione sul fascismo e sull’Olocausto. Sono stati invece gli studenti a realizzare il video e ad accostare le leggi razziali e il decreto sicurezza del ministro Salvini, esprimendo una loro personale e legittima opinione“.
A lui hanno fatto eco molti compagni, che si sono espressi per manifestare la propria difesa all’insegnante:
Siamo stati noi stessi a notare che in alcune parti il decreto sicurezza lede diritti fondamentali.
Ed ecco che entra in gioco qui la nostra riflessione, che trae lo spunto dalla lettera che una ragazza palermitana, Irene Carmina, ha inviato a Selvaggia Lucarelli chiedendo di pubblicarla.
Gentile Prof.ssa Dell’Aria – si legge nelle parole scritte da Irene e riportate da Selvaggia su Facebook – non provi neanche per un attimo vergogna, amarezza o rimorso per quanto accaduto, sebbene ora sia costretta a subire un provvedimento grave e riprovevole e a vedere il suo viso triste comparire su tutte le testate giornalistiche, come fosse colpevole di una condotta illegale o, peggio, di un comportamento diseducativo nei confronti del suoi allievi.
Sia invece orgogliosa del pensiero critico che ha saputo instillare nei suoi studenti, della libertà di manifestazione del pensiero che non è solo formale, ma sostanziale e praticata nella sua scuola, della levatura culturale di un gruppo di studenti che non si limita a imparare pedissequamente la data di una battaglia, ma riflette, analizza criticamente e crea un suo pensiero indipendente, manifesta i suoi dubbi e la sua contrarietà.
Essere contrari, quando ciò non si materializzi nell’agire violento ma rimanga manifestazione del proprio libero pensiero oppositivo come esercizio di una libertà positiva e del suo contrario negativo, è un diritto, non certo un’attività di propaganda politica, come pure si è voluto far pensare.
Ed è proprio su questo che vorremmo concentrarci anche noi: perché in questo caso, non si tratta di politica. La politica non c’entra niente, se non nella misura in cui viene presa come oggetto di discussione e di espressione del proprio pensiero. Ma è appunto questo, il focus di tutto: la libertà di manifestare ed esprimere la propria posizione, piaccia o no alle grande maggioranze.
Soprattutto, ci troviamo di fronte a dei ragazzi che, a dispetto di un’età non ancora matura, hanno dimostrato il coraggio delle proprie idee. Non in modo violento, né prepotente. E ci troviamo di fronte a un’insegnante che evidentemente, unitamente ai genitori di questi ragazzi, e alle loro volontà, ha insegnato loro il bene prezioso della coscienza civile e sociale. Quella che si forma e crea indipendenza, scevra da manipolazioni e influenze banali, più forte del gregge che invita a essere seguito e incurante delle opposizioni anche violente e non pacifiche.
E questa non è sicuramente una colpa.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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