Figlia Stuprata si Suicida: Padre Costretto a Risarcire lo Stupratore

Stuprata da un professore quand'era poco più di una bambina, si è suicidata a 22 anni, sepolta dall'angoscia e dalla vergogna per l'accaduto. La vergogna che non deve aver nemmeno sfiorato i giudici, quando hanno condannato il suo papà a risarcire con 40mila euro la famiglia dello stupratore.

Una fanciulla graziosa e gentile. Di buona famiglia: non una di quelle ricchissime, ma dai valori saldi, coi genitori presenti e amorevoli. Una studentessa, colpevole solo di essere avvenente e di aver incontrato sulla sua strada un professore che non aveva nulla di buono da insegnarle.

Giulia (nome di fantasia) aveva 15 anni all’epoca dei fatti. Lui, il mostro, Ezio Foschini, docente all’istituto d’arte di Faenza, ora ne ha 60. Per più di un anno aveva molestato la sua allieva: sms, atteggiamenti lascivi, gesti e frasi inappropriati, pacche sul sedere. Condannato in primo grado a 4 anni nel 2008, Foschini, non pago di quanto aveva già distrutto, si è liberato di tutti i suoi beni – conto corrente, pare piuttosto ben messo, casa, automobile e ogni proprietà – in modo da risultare improvvisamente nullatenente e non pagare non solo il compenso stabilito dai giudici alla famiglia della ragazza, ma neppure le spese legali del processo.

Ma non solo. Il giudice, pur condannando Foschini in sede penale come colpevole, ha stabilito che il padre della vittima dovrà pagare le spese processuali e, inoltre, risarcire per danni morali i genitori dello stupratore.

Il papà della giovane si chiama Davide. Un ex giocatore di basket, grande e grosso ma altrettanto buono: ogni sera parla coi figli – erano due, un maschio e una femmina – ha ideali politici che segue convintamente in nome della giustizia. Quella che da anni si impegna a ottenere per sua figlia. Per la sua bambina poco più che ventenne che ha dovuto seppellire, uccisa dal mostro prima e da un processo degno delle peggiori elucubrazioni di Kafka poi.

Il Magistrato ha stabilito che Davide dovrà pagare 21mila euro entro la prossima settimana alla famiglia dello stupratore di sua figlia. Altrimenti? Altrimenti arriverà l’ufficiale giudiziario e gli pignorerà i beni. Pochi, invero: Davide è un operaio, in casa lavora solo lui. E da quando un magistrato – una donna, per dovere di cronaca – l’ha condannato al risarcimento alla famiglia dello stupratore per danni morali, il suo stipendio vale già un quinto in meno: l’uomo infatti sta saldando questo debito beffardo a 200 € al mese.
Ma l’ammontare di tale debito non si ferma a 21.000 euro: spese legali comprese, la cifra ammonta a 40mila euro. Ma come farà, Davide, a rate di 200 euro mensili?

Questa è una storia di un mondo che ruota al contrario. Se è vero, e lo è, che la giustizia penale ha fatto il suo corso, non così quella civile, che ha stabilito che le vittime devono rifondere i carnefici. A causa dell’ultima, serpentesca mossa del professore: risultare nullatenente.

E per alcune di quelle strane beffe che a volte si aggiungono ai danni nelle aule giudiziarie, Davide e la sua famiglia non avrebbero, secondo il tribunale, nessun diritto di rivalersi sul papà di Foschini. Ritenuto anzi vittima.

Vittima di disagio e sofferenza per il sol fatto di essere il padre di Ezio Foschini, poiché in ragione di tale rapporto ha subito l’illegittimo sequestro.

Ma chiedere il rimborso al papà della vittima, questo sì, è del tutto lecito, secondo gli stessi tribunali.

Il giorno successivo a questa sentenza, la giovane violentata si è suicidata, impiccandosi nella sua cameretta a 22 anni. Nella sua ultima lettera, chiedeva scusa per i guai e i danni provocati. Ma nemmeno di fronte a questo la madre di Foschino, ormai vedova, vuole sentire ragioni: il magistrato ha deciso che quei soldi le spettano, e lei li pretende, senza se e senza ma.

Soprattutto senza vergogna. La stessa che è mancata, e manca, a Ezio Foschini – arrivato a dire che era lei, la ragazza, a inseguirlo tenacemente – e alla sua famiglia. Che sembra non aver nemmeno sfiorato i giudici. Ma che ha colpito in tutta la sua violenza, sino a seppellirla, una giovane donna innocente. Innocente e stuprata.

Rimane l’orgoglio di papà Davide. Che però, sempre per la stessa latitanza di vergogna di questo mondo al contrario, rischia di trovarsi senza stipendio e senza casa.

Possiamo chiamarla giustizia, questa?

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