L'attrice Sarah Edmondson racconta i suoi dieci anni in una setta, manipolata, tenuta in pugno con ricatti, e marchiata a fuoco. "Ecco come ho potuto permetterglielo" racconta.
Quando ascoltiamo le testimonianze di qualcuno che, nel suo passato, ha vissuto l’esperienza di una setta, il primo commento, troppo facile e banalmente superficiale, che viene spontaneo fare a molti è “Te la sei cercata”.
Il gruppo, in cui Raniere ha il lusinghiero nome di Vanguard, “avanguardia” (del resto, era il leader del presunto movimento filosofico) punta, come racconta Sarah, a farti sentire a disagio, si nutre del tuo imbarazzo, del tuo senso di smarrimento: “Se ti senti a disagio significa che stai facendo tutto come deve essere fatto, che stai portando alla luce delle tematiche di cui vale la pena parlare con il gruppo. E se non ne parli qui, dove vuoi parlarne? Avevamo ognuno le nostre ‘questioni aperte’, le nostre soluzioni. Il nostro problema nella vita. Se cercavo di esprimere una preoccupazione, me la rimbalzavano addosso”.
Il rischio è alto, ma lei ancora non lo sa: “Ti rimane anche una sensazione, la sensazione che ci sia un problema, dentro di te e che, ovviamente, per risolverlo devi essere più allenato. Anche se mi sentivo forte, dunque, sapevo che dovevo ancora cambiare molto, evolvermi, per essere felice. Ero dipendente, diciamo“. Lo ha capito adesso, dopo aver aperto gli occhi sulla distruzione a cui la setta la stava portando, e nonostante le aspre critiche di chi, allo scoppio della polemica sul NYT, troppo facilmente, l’ha appellata come “stupida” per aver creduto alle promesse di Nxivm.
A quell’epoca, tra il 2005 e il 2009, Sarah segue così tanti training da diventare un’organizzatrice, al punto di lavorare fianco a fianco proprio con Raniere; crede così ciecamente nel movimento da volerlo portare in Canada, e da aprire, nel 2009, una filiale a Vancouver, in società proprio con Mark Vicente. Sarah, così presa da Nxivm, ignora anche i motivi per cui dovrebbe iniziare a dubitare della bontà del programma, ad esempio quando, fra il 2011 e il 2012, iniziano a essere usate vere e proprie punizioni corporali per far “pagare pegno” a chi non rispettasse un obiettivo. ” Io non l’ho mai fatto, ma era parte del programma – spiega oggi – se non raggiungevi il tuo obiettivo o quello che avevi detto che avresti raggiunto, dormivi per terra, o magari ti facevi la doccia fredda per una settimana […] Ricordo una donna, una volta, finita a un regime da 300 calorie al giorno: mangiava purè di zucchine congelato e zuppa di pomodoro“.
Ero dissociata. Non ero presente, ero da un’altra parte. Pensavo a quando ho partorito, pensavo a quanto amavo mio figlio, pensavo a quanto sono forte, mi sono concentrata su quello. Ho ricordato tutto l’amore che provavo. E il dolore, mio dio, immaginate che qualcuno prenda un fiammifero acceso e vi disegni una cosa sul pube.
È successo per piccoli passi, sempre più ‘impegno’ da parte mia, sempre più obblighi e minacce. Un sacco di gente dice che potevo scappare, che potevo andarmene. Al tempo non mi sembrava una strada praticabile.
Giornalista, rockettara, animalista, book addicted, vivo il "qui e ora" come il Wing Chun mi insegna, scrivo da quando ho memoria, amo Barcellona e la Union Jack.
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