Siamo di nuovo qui a discutere di quanto siano inopportuni i commenti gratuiti (e spesso cattivi) sulla forma fisica di un’altra persona. Ed è necessario farlo perché superare il confine tra opinione ed hating è un attimo. A farlo presente in questi giorni è stata Selvaggia Lucarelli, protagonista ciclica di attacchi di body shaming e commenti al vetriolo sul suo peso.

Che, tra parentesi, almeno per la community di persone che la segue e in certi casi la detesta neanche troppo cordialmente, non rispecchia gli standard di una persona che si mostra in un programma tv (Selvaggia Lucarelli attualmente è in giuria a Ballando con le stelle su Rai Uno).

Una cosa simile era successa pure a Vanessa Incontrada, presa di mira per la sua forma fisica post parto e bersagliata dal bullismo social ogni volta che compare in tv. Perché se vai in tv devi essere magra. Punto. E se ti permetti di “criticare” altre donne (per come si muovono sul palco nel caso di Ballando con le stelle, non certo per come appaiono) tu devi essere quanto meno perfetta. Lineare, no?

Contro ogni body shaming, la risposta di Selvaggia Lucarelli agli haters

In un patchwork di schermate postate da Selvaggia Lucarelli sul suo profilo Facebook sotto un video che la riprende mentre giudica i concorrenti del talent di Milly Carlucci sono fioccati una marea di consigli per dimagrire, visto che secondo alcuni utenti la giornalista non solo “è proprio inutile, ma deve pure buttare giù qualche chilo” ma è anche “una balena spiaggiata” che dovrebbe andare a lavorare in fabbrica “così almeno dimagrisce“.

Il tenore dei commenti continua su questa linea. E la risposta della Lucarelli non si è fatta attendere.

Questi sono solo alcuni messaggi tra i tanti che ricevo. La maggior parte dicono altro e sarebbe un errore, oltre che una scelta masochistica e parziale, vedere solo la parte sbagliata del mondo. Voglio però isolare per un attimo questi commenti e fare alcune riflessioni. La prima è che io mangio, quindi non vorrei che qualcuno temesse di fare battute che potrebbero urtare temi sensibili, tipo la tiroide, gli ormoni o il metabolismo. Tranquilli, se è quello che vi frena dall’insultare ulteriormente, infierite pure. Seconda cosa: mangio bene, faccio sport, mi sento bene. So che sembra impossibile, ma credetemi: si può stare in forma anche con qualche chilo in più. Sono stata 56 chili (pochissimo per me) e stavo di merda, mangiavo di merda, non alzavo il culo dalla sedia. Terza cosa: ho smesso di subire condizionamenti estetici da tempo. Questo non vuol dire però che certi commenti siano ininfluenti. Anzi.
Il problema, secondo Selvaggia, è che certi commenti pesano, soprattutto se aprono il fuoco verso una persona dalla pelle meno dura e meno abituata a certi attacchi come la Lucarelli.
Quando scrivete questi commenti, dovete sempre augurarvi di trovare dall’altra parte una come me. Perché se riuscite a infilarvi nella piega sbagliata della persona sbagliata, il vostro commento potrà essere deflagrante. Senza scomodare i suicidi per certi commenti di merda, potrei fare un elenco infinito delle conseguenze: c’è chi smette di mangiare, chi mangia di più, chi rinuncia alla socialità, ci sviluppa ossessioni o fobie, chi un senso di inadeguatezza che si trascinerà dietro tutta la vita, al di là del suo peso.
Noi invece i numeri li scomodiamo: secondo una ricerca di Nutrimente Onlus, su circa 4000 italiani di entrambi i sessi tra i 18 e i 55 anni c’è una donna su due che sostiene di essere stata giudicata per la forma fisica. E questa stima vale per le “troppo magre” e per le “troppo grasse” ma anche per i bassi e gli altissimi perché il body shaming, pur rifacendosi a un presunto modello di perfezione e taglie ideali, non ha in realtà contorni definiti. Colpisce tutti, maschi e femmine, adolescenti e adulti. A volte uccide.
Il peso di una persona non è un problema sociale. Non è una cosa che va detta perché “tanto sei un personaggio pubblico, quindi devi accettarlo“. Selvaggia Lucarelli lo ha precisato nel post che accompagna i commenti alla sua attuale forma fisica.
La verità è che il peso altrui non dovrebbe riguardarci se non- al massimo- nelle chiacchiere sceme al telefono tra amici. Trovo che ci riguardi TROPPO sempre.
Al pari degli insulti sul peso ritenuto eccessivo, mi infastidiscono anche i fiumi di complimenti quando qualcuno dimagrisce. Sono la faccia della stessa medaglia: se dimagrire è un merito, ingrassare evidentemente è un demerito.
Il punto è che ognuno deve essere come si sente. E non come gli altri vogliono che sia. Se la priorità è dimagrire, qualsiasi sia il motivo, è personale e non deve riguardare la comunità che gravita intorno a quella persona.
Chiudo dicendo questo: anche a me piace pesare 58 chili spaccati e mettere il vestito più corto dell’armadio, e lo dico senza ipocrisie perché non è giusto raccontare favolette. I messaggi sono positivi quando partono da un presupposto di verità, altrimenti sono storielle consolatorie. Semplicemente, però, non è la mia priorità. E questo vale per me, ma è legittimo che invece lo sia per voi o per chiunque altra.
L’importante è che se essere magre è la vostra priorità, sia solo un affare vostro.

Ogni anno, quando appaio in tv, mi arrivano messaggi qui su Facebook, su Twitter e su Instagram, come quelli che vedete...

Pubblicato da Selvaggia Lucarelli su Mercoledì 23 settembre 2020
Identificare il proprio valore con la propria immagine“, per usare le parole di Selvaggia Lucarelli, dà adito alla narrazione per cui parlare del peso altrui sia normale e accettabile. E spesso crea vittime, allunga l’elenco di persone che soffrono di disturbi alimentari e spesso purtroppo anche di quelle che decidono di farla finita. Dove sta la normalità in questo? I commenti sul peso non sono accettabili, anche sotto forma di complimento (“Come stai bene senza quei chili in più” lascia presupporre che prima si stesse “male”, ci avete mai pensato?). Normalizzare tutto questo annulla la necessità di commentare l’aspetto altrui. La strada verso la body positivity è lunga, ma con un po’ di sforzo e fiato la salita può diventare una pianura.
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