Qual è stato il momento più divertente che avete ritratto? In quale luogo, riprendendo cosa e come? Ogni giorno tre persone su cinque scattano almeno un selfie, un dato generoso nei confronti della nostra immagine.
Dal nuovo taglio di capelli alle letture estive al mare, dalle passeggiate in bici in luoghi esotici alle smorfie tra amiche, ogni momento è quello giusto per essere ricordato. E condiviso.
Riproduciamo fedelmente la nostra immagine almeno dieci o venti volte al giorno, così come scrive il giornalista Michele Serra in Ognuno Potrebbe, e rimaniamo impassibili nei confronti della visibilità che ne riceviamo occupando così sempre più spazio, sempre maggiore, “ingombrando” quasi con le nostre smorfie, le nostre vite, le nostre cose. Così diamo sempre più spazio all’io che risiede in noi, al narcisismo, alla possibilità di essere qualcuno, di essere l’io che vorremmo essere.
Una tale affluenza di condivisioni, però, abbatte il confine tra ciò che dovrebbe essere privato e ciò che potrebbe essere pubblico.

È successo a Kat Armendariz, una ragazza americana, che ha condiviso un selfie con sua sorella durante il travaglio in ospedale sul suo profilo Kattegory Photography su Imgur.com (un servizio di hosting per immagini, competitor di Instagram). La didascalia dell’immagine cita: “SELFIE! While my sister is about to shove a baby out her vag!“, cioè: “SELFIE! Mentre mia sorella sta per espellere un bambino dalla sua vagina!“.
Seppur divertente a prima vista, il post, che è stato visualizzato da 500.000 persone e condiviso da poche meno, ha ricevuto commenti poco felici per l’aspetto morale ed etico della situazione. Gli utenti, perplessi, chiedono: “Perché ritrarre l’agonia di un momento che dovrebbe essere ricordato come felice?“.

Kat si è difesa spiegando che il post non voleva essere offensivo e che, essendo già mamma di cinque bambini, cercava di comunicare empatia per un momento così delicato e importante.
Ci sarà riuscita?

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