La percezione di non meritare la posizione lavorativa e il tipo di vita che abbiamo non solo influisce sulla nostra salute mentale e sul nostro benessere, ma può anche danneggiare il nostro conto in banca.

La sindrome dell’impostore è ormai molto conosciuta. Si tratta di una sensazione di inadeguatezza che può nascere nella mente di una persona quando crede che tutti gli altri si siano guadagnati ciò che hanno tranne lei. E il timore di essere “scoperti” per quello che si è realmente è sempre presente, per questo si tende a essere sempre all’erta.

Questa sindrome colpisce sia gli uomini che le donne (ma in misura maggiore queste ultime) e secondo il The Journal of Behavioral Science colpisce circa il 70% dei lavoratori. Non si tratta di una vera e propria patologia ma può comunque compromettere in modo significativo la qualità della vita. Chi ne soffre può ad esempio avere difficoltà ad addormentarsi, soffrire d’ansia e non riuscire a essere efficiente sul lavoro.

Ma perché la sindrome dell’impostore può influire negativamente anche sul nostro conto in banca? Tara Halliday, filosofa e ricercatrice in ingegneria che è stata una coach specializzata nella sindrome dell’impostore per 20 anni, è andata a fondo nella questione.

“Ho deciso di esplorare il costo in termini monetari della sindrome dell’impostore, non perché il denaro sia la cosa più importante, ma perché è un modo per quantificare problemi importanti. Ed è possibile calcolarne l’impatto sulla carriera professionale”, ha detto Halliday.

Halliday ha spiegato che la sindrome è più evidente tra i cosiddetti “high achievementers“, ovvero coloro che hanno raggiunto posizioni elevate nella gerarchia aziendale. Queste persone “non possono più negarlo: hanno successo, e si sentono come se avessero compiuto una frode.” Interessante notare come la sindrome sia ancor più diffusa tra la popolazione giovanile.

Molti di loro, infatti, sono solo all’inizio della loro carriera lavorativa e sentono su di loro il peso delle responsabilità. Altri, invece, si trovano in condizioni di lavoro precario a causa della profonda crisi economica e il fatto di essere riusciti a conservare il loro impiego fa sorgere in loro sentimenti contrastanti di sollievo e senso di colpa.

“La crisi e il contesto inflazionistico aggravano e accentuano questa sindrome in gruppi di giovani, donne e anziani”, ha asserito Halliday.

“Queste persone rifiutano le promozioni, non fanno domanda o quando cambiano lavoro si spostano orizzontalmente invece che verticalmente verso una posizione più remunerativa. Ciò impedisce loro di raggiungere il loro massimo potenziale professionale e questo è direttamente correlato al loro potenziale finanziario”, ha spiegato la dottoressa.

“Durante tutta la sua vita lavorativa, un professionista che nel Regno Unito ha uno stipendio finale di 125.000 sterline l’anno avrebbe potuto guadagnare tra uno e tre milioni di sterline, a seconda quante volte hai evitato o rimandato le promozioni”, dice Halliday. Un altro studio, anch’esso britannico, ha rilevato che la sindrome dell’impostore potrebbe costare a un lavoratore medio più di 5.270 sterline all’anno.

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