Il 22 luglio del 2021 ricorre il decimo anniversario della strage di Utoya, dove persero la vita settantasette persone per mano di Anders Behring Breivik, il norvegese estremista di destra e dichiaratamente neonazista. Gli attentati avvenuti in Norvegia nel 2011 furono due, uno al centro di Oslo e uno sull’isola di Utoya. 

Il primo attacco, avvenne alle 15.25 con l’esplosione di un’autobomba davanti al Regjeringskvartalet della Capitale, dove si trovavano i palazzi del governo norvegese, proprio fuori dell’ufficio del primo Ministro Jens Stoltenberg. Lì morirono otto persone e 209 rimasero ferite.

Meno di due ore dopo il secondo attentato, quello più grave, che colpì un campus estivo di formazione organizzato dalla Lega dei Giovani Lavoratori (Arbeidernes Ungdomsfylking, AUF), organizzazione del Partito Laburista Norvegese. La furia omicida di Breivik si abbattè sull’isola di Utoya a Tyrifjorden, nella contea di Viken. Vestito da poliziotto, il killer aprì il fuoco sui ragazzi, uccidendone sessantanove, colpendo una vittima al minuto fino all’arrivo della polizia.

Per il suo folle piano utilizzò pallottole dum dum, munizioni vietate dal codice di guerra e usate per abbattere gli elefanti. Dalle telecamere nella zona dell’esplosione fu filmato lo stesso uomo vestito da poliziotto, dettaglio che servì per collegarlo senza dubbi a entrambe le stragi. Anders Behring Breivik, fu condannato a ventuno anni di carcere, il massimo della pena per la legge norvegese.

Sull’isola di Utoya gli architetti del gruppo Manthey Kula progettarono un monumento formato da settantasette colonne di bronzo, una per ogni vittima, in memoria della strage: la struttura è stata creata in modo che la luce del sole possa illuminarla per tre ore e otto minuti, l’esatta durata dell’attacco. Il memoriale però ancora non è visibile a causa di piani modificati e problematiche con i residenti dell’isola che temono l’arrivo dei visitatori.

Anche il locale che ospitava il caffè in cui furono uccise 13 delle 69 vittime di Utoya è divenuto un luogo di memoria, così come l’installazione di mille rose in ferro fuori dalla cattedrale di Oslo, in ricordo della marea di fiori deposti dai norvegesi subito dopo la tragedia. Sempre sull’isola, invece, un cilindro metallico sospeso tra gli alberi porta incisi i nomi delle vittime, come si vede in post di una delle sopravvissute, la leader dell’associazione giovanile del partito laburista Astrid Willa Eide Hoem.

 

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