Quando si trattano questioni che coinvolgono la comunità LGBTQ+ le idee sono spesso poche e confuse, complici anche una certa ignoranza (nel senso proprio del termine, quello di non conoscenza) generale delle cose, e, inutile negarlo, una buona dose di preconcetti di partenza.

Non è un caso se, proprio in virtù di questi freni, nel nostro Paese non abbia ancora visto la luce una legge sull’omobitransfobia – anche se un passo in avanti si è fatto, con la legge Zan approvata dalla Camera nel novembre del 2020 – o se le coppie di genitori gay siano malamente giudicate, ad esempio.

È chiaro che per parlare in maniera consapevole, con criterio e cognizione di causa di certe tematiche debba essere costruita una vasta informazione – e formazione -, ed è questo lo scopo del corso seminariale introdotto dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, che, proprio per fornire ai propri studenti gli strumenti giusti per confrontarsi con questi scenari, ha deciso di dare vita a un’iniziativa interamente dedicata al diritto LGBTQ+.

Non è la prima volta che la facoltà torinese si rende promotrice di un’idea simile; già un paio di anni fa aveva portato in ateneo un corso di storia dell’omosessualità tenuto da Maya de Leo, che anche stavolta inaugurerà, con un proprio discorso, il corso.

Il corso si articola in undici lezioni che partiranno dal 22 febbraio 2021, ma pare che stia già riscuotendo un insperato successo, visto che dagli iniziali 40 studenti della laurea magistrale previsti, che potevano scegliere di inserirlo nel proprio carico didattico come seminario integrativo, i posti sono già aumentati a 60.

Il tutto si articolerà sfruttando la DAD, la didattica a distanza, grazie alla piattaforma Webex, e non ci sarà votazione, ma una relazione su un tema concordato con i docenti che varrà 3 cfu.

A organizzare il corso Antonio Vercellone, assegnista di ricerca in diritto privato, e Marco Pelissero, ordinario di diritto penale; proprio il primo ha spiegato a Wired:

Sì, in Italia le iniziative universitarie che affrontano questi aspetti effettivamente non mancano. Dall’Università dell’Insubria ci confermano che è un tema molto sentito, così come alla Sapienza dove Angelo Schillaci, professore associato di diritto pubblico comparato – presente anche al corso torinese con una lezione -, rileva un interesse costante e vivo che comprende diverse iniziative e convegni. Le stesse associazioni studentesche organizzano periodicamente incontri su questi temi. Ma un’iniziativa strutturata come questa ancora non c’è da noi: ho l’intenzione di proporre al Comitato Unico di Garanzia di seguire il modello torinese con un corso interdisciplinare e interfacoltà.

Fra i relatori anche Gianmarco Negri, avvocato e primo sindaco transessuale in Italia, mentre l’ultimo incontro sarà proprio dedicato al disegno di legge Zan che, aggiunge Vercellone, “prevede che i crimini siano aggravati, e prevedano quindi una pena più severa, quando sono commessi per motivi di omolesbotransfobia. Ci auguriamo che il nostro ultimo incontro si svolga quando la legge sarà stata già approvata”.

Vercellone ha però ragione quando dice che, negli ultimi tempi, sempre più atenei italiano cercano di dare una svolta in chiave LGBTQ+: prendiamo l’esempio di Pisa e Trento, dove ci sono due corsi dedicati al rapporto tra diritto e genere, che includono anche una parte sui diritti LGBTQ+. Nell’ateneo trentino, in particolare, c’è stato nel recente passato anche un laboratorio applicativo tenuto da Alexander Schuster che focalizzava l’attenzione proprio sui diritti fondamentali, la tutela delle unioni e la dimensione biogiuridica di inizio vita.

Alla Bicocca di Milano la professoressa Roberta Dameno, insegnante di Sociologia del diritto, dedica nel proprio corso parte del programma alle tematiche relative al mondo LGBTQ+, soprattutto in merito alle persone che stanno effettuando il cambio di sesso. Insomma, l’intento sembra proprio quello di aiutare soprattutto i più giovani – ma non solo – a superare le reticenze e le barriere che ancora rendono difficile la comprensione di determinate tematiche.

Abbiamo volutamente scritto “non solo giovani”: il corso torinese, infatti, è aperto a tutti i cittadini che desiderino ascoltare, e magari formarsi un’idea diversa e nuova. Questi non potranno partecipare attivamente, a differenza degli studenti iscritti, ma non è detto che non possa essere una buona occasione per cambiare prospettiva.

 

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