Recenti studi dimostrano che due nuove molecole AstraZeneca riducono il rischio di progressione in pazienti in fase avanzata pre-trattate con terapia ormonale.

Le due molecole, capivasertib e camizestrant, migliorano la sopravvivenza libera da progressione in pazienti con carcinoma della mammella metastatico già trattato con terapia ormonale: lo dimostrano gli studi SERENA-2 e CAPItello-291 presentati al San Antonio Breast Cancer Symposium (SABCS), concluso il 10 dicembre.

I nuovi studi hanno quindi permesso di aggiornare i dati dello studio di fase 3 “monarchE” su abemaciclib, pubblicati in contemporanea su The Lancet Oncology.

Fermare la progressione del tumore al seno in fase metastatica rappresenta da sempre una grande sfida a cui la ricerca internazionale dedica da anni molta attenzione: non solo perché, come riporta Sanità Informazione, la neoplasia alla mammella è la più frequente (solo nel 2020 ha fatto registrare 2,3 milioni di nuove diagnosi), ma anche perché oggi questa patologia interessa donne che sviluppano una resistenza alle terapie ormonali attualmente disponibili.

Le terapie ormonali sono utilizzate abitualmente per il trattamento del carcinoma alla mammella HR+“, ha spiegato alla stampa Giampaolo Bianchini, Responsabile del Gruppo mammella, Dipartimento di oncologia dell’IRCSS Ospedale San Raffaele di Milano, “ma le pazienti spesso sviluppano resistenza alle terapie ormonali attualmente disponibili per la malattia avanzata e di conseguenza vanno incontro ad una progressione della malattia. Da qui la necessità urgente di trovare nuove cure. Queste due nuove molecole hanno il potenziale per rispondere al forte bisogno clinico“.

Le due nuove molecole, sottoforma di farmaci, sembrano essere la soluzione a questo problema.

Secondo lo studio CAPItello -291, la molecola capivasertib, somministrata oralmente per 4 giorni la settimana e combinata con il farmaco fulvestrant è in grado di ridurre del 40% il rischio di progressione della malattia in pazienti con tumore al seno che hanno sviluppato una recidiva o progressione della malattia durante o dopo la terapia endocrina.

Si tratta di una terapia orale ben tollerata“, ha detto Bianchini, “oltre ad avere un vantaggio nella modalità di somministrazione e un profilo di sicurezza alto, con pochi effetti collaterali come diarrea e nausea“.

Allo studio CAPItello -291 hanno preso parte 708 pazienti e diversi centri italiani.

L’altra molecola, camizestrant, è invece una molecola di nuova generazione in grado di ridurre del 42% il rischio di progressione della malattia o di morte. Nello studio Serena -2, le 240 pazienti trattate con la molecola camizestrant si trovavano tutte in post menopausa. “Rispetto a CAPItello-291 questo studio va a testare una terapia ormonale più potente su pazienti resistenti alla terapia endocrina andando a rilevare un miglioramento del controllo di progressione della malattia da 3 a 4 mesi, anche nei pazienti pretrattati“, ha dichiarato Bianchini, “in particolare è stato riscontrato un forte beneficio in un sottogruppo di pazienti con una mutazione nei ricettori degli estrogeni, con un vantaggio superiore al 50 percento e una tollerabilità ottima“.

In entrambi i casi siamo difronte a molecole che rappresentano un concreto miglioramento per la cura di malattie metastatiche, garantiscono miglior assorbimento e tollerabilità“, ha aggiunto alla stampa Alberto Zambelli, Professore Associato di Oncologia medica all’Humanitas University di Milano.

Alberto Zambelli e Gianpaolo Bianchini si sono trovati d’accordo nel dire che “non è da escludere” l’efficacia delle due molecole anche in fase precoce del tumore al seno.

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