5 persone sono diventate positive all'HIV dopo il vampire lifting (scelto anche da Kim Kardashian)

4 donne e il compagno di una di esse positive all'HIV dopo il trattamento estetico scelto anche da Kim Kardashian. Il centro estetico che lo ha eseguito non aveva la licenza.

Quattro donne, più il compagno di una di esse, sono risultate positive all’HIV, il virus responsabile della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), dopo essersi sottoposte a un trattamento estetico.

È quanto appurato da un’indagine condotta dal Dipartimento della Salute del New Mexico (NMDOH) in collaborazione con i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) tra il 2018 e il 2023, che ha messo sotto accusa un locale del New Mexico, nella città di Albuquerque, reo di aver somministrato il trattamento alle clienti pur senza disporre di una licenza medica.

Tutto è iniziato 6 anni fa, quando una donna è risultata positiva all’HIV nonostante non avesse avuto rapporti sessuali al di fuori della relazione stabile, non facesse uso di droghe e non si fosse sottoposta a trasfusioni; da lì il dubbio che il virus potesse essere stato contratto nel centro estetico, dove si era recata per sottoporsi a quello che in gergo viene chiamato vampire lifting, vampire facial, o vampire facelift, ma che, scientificamente, si chiama Plasma Ricco di Piastrine o PRP.

Una procedura seguita anche da molte star, fra cui Kim Kardashian, che lascia un temporaneo effetto “sanguinolento” sulla pelle, per via delle macchie rosse che si formano sul viso; tecnicamente, il PRP è ottenuto dal sangue del paziente stesso, tramite prelievo venoso, e si ottiene attraverso un processo di centrifugazione del sangue in cui si separano le piastrine, che hanno un cruciale ruolo nella rigenerazione dei tessuti, il cui concentrato viene successivamente iniettato nella zona da trattare per stimolare i processi di guarigione. Qui rilasciate le piastrine mostrano una serie di fattori di crescita che promuovono la rigenerazione cellulare e la formazione di nuovi vasi sanguigni, e questo è il motivo per cui la tecnica viene impiegata sempre più spesso anche nella medicina estetica.

Nonostante la scarsa invasività dell’intervento, tuttavia, questo deve essere effettuato sempre in centri specializzati e dotati di autorizzazione; cosa che il centro di Albuquerque non aveva. Oltre alla mancata licenza, inoltre, dalle indagini sono emerse altre infrazioni decisamente gravi delle più elementari norme di sicurezza, fra cui provette con sangue prive di etichetta conservate nel frigorifero assieme al cibo, siringhe usate lasciate su cassetti e bancone e nessun sistema di sterilizzazione al vapore.

Come se non bastasse, il centro – ora chiuso, con la proprietaria incarcerata – non disponeva neppure di un registro clienti aggiornato, cosa che ha richiesto molto tempo prima di poterne contattare almeno una parte (circa 200) per avvisarli del rischio e controllare che non avessero contratto l’HIV.

“L’analisi della sequenza nucleotidica ha rivelato ceppi di HIV altamente simili tra tutti i casi” hanno spiegato i CDC in un rapporto successivo, aggiungendo che una delle clienti, tre anni dopo il trattamento, è stata ricoverata con i sintomi dell’AIDS. “Sebbene la trasmissione dell’HIV tramite pratiche di iniezione non sterile sia un rischio noto, è importante determinare nuove vie di trasmissione dell’HIV tra persone senza fattori di rischio noti per l’HIV – si legge nel rapporto, Investigation of Presumptive HIV Transmission Associated with Receipt of Platelet-Rich Plasma Microneedling Facials at a Spa Among Former Spa Clients — New Mexico, 2018–2023, pubblicato nel Morbidity and Mortality Weekly Report (MMWR) dell’ente americano – Questa indagine ha identificato un cluster di HIV associato alla ricezione di servizi di iniezione cosmetica presso una struttura senza licenza che non ha seguito le procedure raccomandate per il controllo delle infezioni o non ha conservato i registri dei clienti”.

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