A stabilire il risarcimento danni per entrambi i coniugi è la terza sezione civile della Cassazione che ha annullato, di fatto, con rinvio una sentenza della Corte di Appello di Torino, come scrive l’agenzia di stampa Agi. Ma cosa è accaduto? La causa ha preso avvio dalla decisione di un uomo di citare in giudizio un’azienda ospedaliera di Alessandria accusata di “erronea esecuzione di un intervento” di raschiamento dell’utero a cui la moglie era stata sottoposta per una “diagnosi errata di aborto interno”. Dopo l’intervento, la coppia – che non voleva avere figli data anche “l’età avanzata” – si è resa conto che la gravidanza non era stata interrotta e che si era conclusa con la nascita indesiderata della bimba.

L’ospedale, dunque, avrebbe messo al mondo il bebè della donna che, però, aveva espresso la volontà di non avere figli. Per questo l’uomo si è rivolto ai giudici sottolineando, dunque, la “palesata volontà sua e della moglie” di abortire: i medici sarebbero andati contro la loro decisione. Il ricorrente, tra l’altro, sempre come scrive l’agenzia di stampa Agi, ha rilevato che la nascita della bimba ha costretto la mamma a rinunciare a lavorare mentre lui ha presentato le dimissioni per poter ottenere il Tfr così da “provvedere ai bisogni familiari”. Dunque non solo un danno psicologico ma anche economico, secondo quanto ha denunciato l’uomo. La famiglia – è doveroso sottolinearlo – si era anche trasferita e il papà aveva dovuto trovare un altro lavoro.

I giudici del merito, ovvero il Tribunale di Alessandria e la Corte d’Appello di Torino chiamati a pronunciarsi sulla delicata vicenda, fino ad ora hanno sempre rigettato i ricorsi dell’uomo mentre la Suprema Corte ha ritenuto carente di motivazione la sentenza nel punto in cui non ha tenuto in considerazione l’intenzione, più che palese, da parte dei due coniugi di abortire.

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