Venerdì 14 gennaio è finalmente entrata in vigore in Italia la legge che vieta l’uso della plastica monouso non compostabile e non biodegradabile.

Si tratta, però, di un provvedimento arrivato in forte ritardo rispetto alla direttiva Sup (Single Use Plastic) di Bruxelles, che è entrata in vigore dal 3 luglio 2021. D’altronde l’Italia è uno degli Stati leader europei per quanto riguarda la produzione di plastica. Il giro d’affari, in tempi pre-Covid, generava circa 30 miliardi di euro. Non sorprende, dunque, l’estremo ritardo nell’adeguamento alle disposizioni europee.

La nuova legge promossa dal governo italiano differisce, inoltre, da quelle emanate a livello europeo per un importante particolare. Come ha spiegato Giulia Novati, ingegnere e membro del Think tank Ecco, in Italia “si mettono al bando i prodotti in plastica monouso prescritti della direttiva europea, con l’esclusione di quelli biodegradabili e compostabili che presentano una percentuale di materia prima rinnovabile pari o superiore al 40% per il 2023. Dal 2024, invece, il limite sarà elevato al 60%. L’esclusione di queste tipologie è un’iniziativa del nostro Paese”.

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Secondo quanto stabilito dal decreto legislativo 196/2021, non saranno più acquistabili posate, piatti, bicchieri, cotton fioc, alcuni tipi di contenitori per alimenti, ami e fili da pesca e tutti i prodotti in plastica ‘oxo-degradabile’ (contenenti, quindi, additivi chimici che mediante l’ossidazione causano la frammentazione della plastica). Questi prodotti continueranno però a essere disponibili in negozio fino all’esaurimento delle scorte, purché siano stati immessi sul mercato prima del 14 gennaio 2022.

Il decreto intende favorire l’utilizzo di plastica riciclata, prevenendo e riducendo “l’incidenza di determinati prodotti di plastica sull’ambiente, in particolare l’ambiente acquatico, e sulla salute umana”. Si mira, inoltre, “a promuovere la transizione verso un’economia circolare con modelli imprenditoriali, prodotti e materiali innovativi e sostenibili, contribuendo in tal modo alla riduzione della produzione di rifiuti, al corretto funzionamento del mercato e promuovendo comportamenti responsabili rispetto alla corretta gestione dei rifiuti in plastica”.

I trasgressori saranno tenuti a pagare somme molto elevate, che vanno da 2.500 a 25mila euro. Inoltre, se la violazione viene riscontrata su prodotti che rappresentano oltre il 10% del fatturato complessivo, l’azienda sarà costretta a sborsare ben 50.000 euro.

Se da una parte le multe ai trasgressori saranno ingenti, le aziende che adotteranno in modo tempestivo le nuove direttive governative beneficeranno di un credito d’imposta – del valore massimo di 3 milioni di euro – ogni anno dal 2022 al 2024.

Sono previste inoltre campagne di sensibilizzazione sui “vantaggi ambientali ed economici delle alternative basate su prodotti riutilizzabili”.

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