La storia del piccolo Alessandro Montresor ha finalmente avuto il suo lieto fine: il piccolo, che ora ha 22 mesi, è pronto a lasciare l’ospedale Bambin Gesù di Roma dove è ricoverato dal 20 dicembre, giorno in cui ha ricevuto il trapianto di midollo osseo.

A donarglielo, alla fine, è stato proprio il papà, Paolo, che ha però voluto ringraziare pubblicamente quanti hanno fatto ore di coda per misurare la compatibilità e donare il proprio.

Devo ringraziare tutti quelli che ci hanno aiutato e in particolare i tantissimi giovani che si sono messi in fila per donare il midollo osseo decidendo di dare una speranza a noi e a tanti malati che, come il nostro piccolo, aspettano il trapianto – ha detto nella conferenza stampa che l’ospedale ha tenuto per aggiornare sulle condizioni del piccolo, aggiungendo poi, rispetto alla scelta di donare al figlio il suo stesso midollo – Mi è sembrato di dargli una seconda nascita, ho capito meglio cosa provano le madri. Sarebbe bello un mondo in cui tutte le persone malate trovino più di un donatore. Forse la nostra famiglia ha dato un piccolo contributo ad aumentare la cultura della donazione del midollo osseo facendo capire che non è invasiva e non mette in pericolo.

Come la piccola Elisa, anche Alessandro cercava un donatore di midollo osseo per un trapianto urgente, a causa di una rara malattia genetica, la linfoistiocitosi emofagocitica (Hlh).

Il bambino è stato sottoposto al trapianto di cellule staminali di midollo osseo donate dal padre, grazie a una tecnica sperimentale in cui l’ospedale del Vaticano è all’avanguardia.

Nella capitale Alex è arrivato a novembre, trasferito dall’Ospedale Great Ormond Street di Londra dove vive con i genitori e dove era stato sottoposto a una terapia farmacologica sperimentale, dopo essere arrivato il 28 agosto nel picco della malattia, con la febbre a 40, infiammazioni alla milza e al fegato, valori ematici completamente sballati,

L’ospedale romano ha fatto sapere:

Le cellule del padre, manipolate e infuse nel bambino di 20 mesi, a distanza di 1 mese dal trapianto hanno perfettamente attecchito, ripopolando adeguatamente il sistema emopoietico e immunitario del paziente. Nell’arco delle 4 settimane successive al trapianto non si sono registrate complicanze, né sul piano infettivo, né sul piano del rigetto.

Adesso lo attende una nuova fase, come spiega a Vanity Fair Franco Locatelli, direttore del Dipartimento di Oncoematologia e Terapia Cellulare e Genica:

I rischi ai quali i pazienti di questo tipo possono andare incontro dopo la dimissione sono principalmente legati allo sviluppo di complicanze infettive. Per questa ragione il bambino verrà strettamente controllato con periodiche visite presso il nostro reparto di DH; doverosamente premessa questa nota di cautela, non possiamo che essere, allo stato attuale, felici per l’evoluzione di questa vicenda così complessa.

Perché alla fine la scelta è ricaduta proprio sul padre? In casi come quelli di Alessandro le prime persone su cui si vaglia la compatibilità sono i fratelli, mail bimbo è figlio unico, per questo i medici si sono rivolti a Paolo, non compatibile al 100% (per questo vi è stata prima la ricerca di un donatore idoneo, vana, e poi l’esigenza di manipolazione delle cellule paterne).

Lo straziante appello di Cristina, la mamma del piccolo, a settembre, aveva rapidamente fatto il giro del web. La patologia di cui il suo bimbo soffre è causata dalla mancanza di una proteina che regola la produzione di cellule macrofagiche, ovvero i globuli bianchi – i tasselli primari del nostro sistema immunitario.

Attualmente non esiste una cura per la HLH: l’unico modo per guarire, per Alessandro, era appunto effettuare rapidamente un trapianto di midollo osseo, affinché il sistema immunitario malato venisse sostituito da uno sano.

Adesso, dopo tanta ricerca e avendo testato l’immensa solidarietà delle persone, i genitori di Alex possono tornare a sorridere.

Al momento è un bambino tranquillo al quale basta una macchinina per essere felice – ha detto papà Paolo del suo bimbo – Sappiamo che ci saranno ancora i controlli e i day hospital, quindi salite da affrontare. Ma ci sentiamo come se avessimo scalato l’Everest e fossimo arrivati alla cima. Ora speriamo di scendere.

Nessun dubbio neppure su quello che Alex farà da grande

Io credo che Alessandro, quando sarà grande, farà il medico. In questi mesi trascorsi in ospedale ha preso confidenza con molti strumenti. Il suo preferito è lo stetoscopio, gli piace giocarci, se lo appoggia sul petto, sulle spalle.

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