Una bambina di quattro anni, Sofia Zago, è morta nella notte fra il 3 e il 4 settembre 2017 per malaria presso gli Ospedali Civili di Brescia.

La bambina era arrivata in coma sabato 2 settembre agli Ospedali Civili bresciani dove oltre alla Rianimazione Pediatrica è presente anche uno specifico Istituto per le malattie tropicali. Come ben si sa, la trasmissione della malaria avviene tramite la puntura di una zanzara Anopheles, genere non presente in Italia ma diffuso soprattutto nelle aree tropicali dell’America del sud, dell’Africa e dell’Asia. La bambina però non è mai stata in nessun luogo tropicale sopraccitato, né in nessun altro ipotetico Paese malarico.
Un caso “criptico” se non “rarissimo”, così come definito da Giovanni Rezza, il responsabile del Dipartimento di malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità. Se confermato, sarebbe il primo caso autoctono di malaria da vent’anni a oggi.

A far luce su questa faccenda è il professor Alberto Matteelli, esperto in malattie tropicali degli Ospedali Civili di Brescia:

La malaria si contrae da una zanzara vettore di una specie particolare che esiste in Italia, ma non è mai stato dimostrato che la zanzara italiana possa trasmettere una forma di malaria come quella contratta dalla bambina. Ogni luogo frequentato dalla bambina sarà campionato per valutare il tipo di zanzare presenti.

Una delle ipotesi è infatti che la bambina abbia contratto la malattia mentre si trovava in vacanza a Bibione, probabilmente per colpa di una zanzara giunta da un paese tropicale in qualche bagaglio. Ma l’attenzione dei medici è puntata anche su un ricovero della piccola (a seguito di un esordio di diabete infantile) nel reparto di pediatria dell’ospedale Santa Chiara di Trento poco dopo Ferragosto. Negli stessi giorni della sua degenza, infatti, c’erano ricoverati in un’altra stanza due ragazzini che avevano contratto la malaria in Africa; bambini che, a differenza di Sofia, sono guariti.

Dalle prime indicazioni che abbiamo avuto pare che la bambina potrebbe aver contratto la malaria in ospedale, a Trento, motivo per il quale sarebbe un caso molto grave. Abbiamo mandato immediatamente degli esperti sia per quanto riguarda la malattia sia per la trasmissione da parte delle zanzare. Dobbiamo accertare se c’è stato un contagio di sangue o se invece la malaria può essere stata contratta in altro modo, ma prima di esprimere qualsiasi tipo di valutazione dobbiamo capire esattamente cosa è accaduto. Ed è il motivo per il quale invito tutti alla cautela nelle dichiarazioni, che ho già letto in alcune agenzie: prima di pronunciarsi, appena morta una bambina di quattro anni, cerchiamo di capire cosa è capitato.

Ha spiegato la ministra della Salute Beatrice Lorenzin. A intervenire nella storia è anche Paolo Bordon, direttore generale dell’Apss (Azienda provinciale dei servizi sanitari del Trentino) il quale ha ribadito che una zanzara del nostro Paese non può farsi vettore della malattia e che tutte le cure fornite alla piccola sono state fatte con materiali monouso:

Resta il fatto che la piccola poi morta e i due malati di malaria erano in stanze diverse, le cure sono state effettuate tutte con materiale monouso e non ci sono state trasfusioni. La malaria non è trasmissibile da uomo a uomo e nessun altro paziente ha avuto dei sintomi riconducibili alla malaria. La bimba aveva il diabete, che nulla aveva a che fare con la malaria. Il periodo di latenza potrebbe fare pensare che l’avesse contratta prima poi, certo, la presenza di due bambini malati qui fa insospettire. Il punto è che dovrebbe esserci stata qualche zanzara anofele, magari in qualche bagaglio. I nostri veterinari, interpellati, dicono che una zanzara nostrana non può farsi vettore, anche se ha punto malati.

Sbalordito dalla vicenda è anche Claudio Paternoster, primario di malattie infettive presso l’ospedale Santa Chiara di Trento.

È la prima volta in trent’anni di carriera che assisto ad un caso di malaria autoctona in Trentino.
Con i servizi di veterinaria e igiene pubblica faremo un’indagine. Per la nostra conoscenza non esistono in Trentino e in Italia vettori idonei alla trasmissione della malaria.

Ha annunciato l’uomo, scosso dal triste epilogo. Anche Giampiero Carosi, infettivologo dell’università di Brescia, conferma la rarità di questo caso:

L’ultima trasmissione autoctona tramite zanzara è stata nel grossetano, da allora ci sono stati solo alcuni casi tramite scambio di siringhe o trasfusione. Quello che potrebbe essere successo è che qualcuno, di ritorno da un viaggio nelle zone colpite, abbia “portato” il plasmodio e sia stato punto da una anofele “nostrana” che a sua volta ha punto la bambina. Qui c’è una seconda eccezionalità, perché le zanzare che circolano da noi non sono molto adatte a trasmettere il microrganismo, anche se in teoria potrebbero.

Il caso di Grossetto, infatti, risale al 1997 e ha riguardato una donna di 60 anni. Anch’essa, come la piccola Sofia, aveva contratto la malaria senza mai essersi recata all’estero ma a differenza della bambina, la donna è riuscita a salvarsi. L’infezione della 60enne infatti era stata determinata da un plasmodio della specie “vivax“, meno aggressivo rispetto a quello che invece ha colpito Sofia. La bambina è stata colpita da plasmodio di tipo falciparum, il più pericoloso e quello con il più alto tasso di mortalità fra i soggetti infestati. Questa tipologia di parassita è la specie più aggressiva poiché colpisce il soggetto direttamente al cervello e induce il coma (o la morte) entro poche ore dal contagio.

Secondo le indicazioni dell’Iss, l’azienda provinciale per i servizi sanitari del Trentino ha annunciato che verrà effettuata una disinfestazione del reparto di pediatria dell’ospedale Santa Chiara come misura di ulteriore profilassi, nonostante non ci sarebbe rischio di contagio per coloro che lo hanno frequentato nei giorni scorsi. Anche la magistratura bresciana intende far luce sulla questione e ha aperto un’indagine.

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