Beyoncé un'icona femminista o no? Pareri a confronto

Bell Hooks, storica affermata e autrice afroamericana vede nella decisione della cantante una scelta di marketing; Janet Mock, scrittrice e sostenitrice dei diritti delle persone transgender, ne sostiene la legittimità.

Tanti auguri a Beyoncé che il 4 settembre compie quarant’anni. Icona pop, emancipata e sensuale, l’artista è seguitissima dai fan, ma divide da sempre il mondo femminista in due schiere. Sul suo ruolo si discute nell’ambiente da quando è diventata famosa: la cantante incoraggia il progresso, promuove sé stessa, o fa entrambe le cose?

Già tra il 2008 e il 2011 la cantante con If I were a boy e Run the world (girls), si approccia quanto meno temi legati al girl power. Come riporta Caitlin Gibson sul The Washington Post, è la stessa Beyoncé a rifiutare l’etichetta di “femminista”, almeno inizialmente, per poi rivendicarla durante la sua esibizione agli MTV Video Music Awards del 2014.

In quell’anno, infatti, con l’album Beyoncé, l’artista tocca per la prima volta, davvero, tematiche legate al femminismo, tanto che il brano Flawless, contenuto nel disco, finisce sulle magliette delle attiviste degli Stati Uniti. È poi la volta di Lemonade, nel 2016, Visual album molto apprezzato e considerato un vero e proprio disco femminista. Ma, come riporta il sito Bossy, non tutti apprezzano; oltre ai detrattori del femminismo che non gradiscono questa presa di posizione da parte di un’icona del pop così amata e così trasversale, tra alcune attiviste si fa strada una voce piuttosto sentita: e se Beyoncé non fosse poi così femminista e la sua fosse una trovata per rilanciare la sua immagine?

Bell Hooks, storica affermata e autrice femminista afroamericana, parla dell’immagine di Bey come di “una figura non radicale, sessualizzata per sua stessa scelta, sottomessa alle regole dello showbiz” e che vende il femminismo come un nuovo prodotto da aggiungere al suo marchio. Altre critiche vengono anche da Annie Lennox, che si scaglia contro il twerking di Beyoncé, sostenendo che sia incoerente con una posizione femminista.

Altri invece apprezzano. Si tratta soprattutto di femministe che vedono nella sessualità espressa dalla cantante un simbolo di potere personale e di celebrazione della bellezza nera. Il femminismo afroamericano dalla sua nascita si batte contro lo stereotipo della donna nera brutta, indesiderabile, mascolina e lavoratrice: una donna nera in un matrimonio felice, considerata universalmente bellissima e che mostra senza remore la sua autostima e la sua femminilità è a suo modo un simbolo radicale, utile e femminista. Tra le voci a favore anche quella di Janet Mock – scrittrice e sostenitrice dei diritti delle persone transgender –  che ha sempre sostenuto che Beyoncé, come qualsiasi altra donna, dovrebbe essere presa sul serio indipendentemente dal modo in cui si presenta.

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