Germana Stefanini fu l’unica donna assassinata dalle Brigate Rosse e la sua storia merita di essere raccontata e ricordata.

Era il 28 gennaio del 1983 quando Stefanini venne uccisa da tre membri delle Brigate Rosse, l’organizzazione terroristica di estrema sinistra che si era macchiata, cinque anni prima, anche del ben più noto omicidio di Aldo Moro.

Stefanini era una vigilatrice penitenziaria e aveva 57 anni quando morì. Conduceva una vita semplice e risiedeva in un piccolo appartamento situato nella periferia romana. Ogni mattina si recava a lavoro, presso il carcere di Rebibbia, in autobus.

Agli inizi degli anni ottanta erano moltissimi i terroristi che si trovavano rinchiusi nelle carceri italiane. Il 28 gennaio dell’83 non era un giorno come un altro: proprio quel giorno scadeva la legge sui pentiti del terrorismo. In città si cominciava a respirare un’aria nuova, pian piano le menti di tutti si stavano aprendo alla possibilità di poter finalmente chiudere il doloroso capitolo delle Brigate Rosse e dare inizio a una vita più serena.

Ma quella nuova serenità Germana Stefanini non la conobbe mai. Quel triste 28 gennaio 1983 una cellula romana delle Brigate Rosse rapì Stefanini e la sottopose a un durissimo processo da parte del “tribunale rivoluzionario” in un appartamento nel quartiere del Prenestino. I brigatisti fecero di tutto per estorcerle informazioni sull’organizzazione carceraria. Non soddisfatti delle informazioni che lei riuscì a dare, la picchiarono con ferocia.

In seguito la obbligarono a sedersi su una poltroncina e dietro di lei appesero uno striscione contro le carceri e i pentiti. Poi la fotografarono con una polaroid. L’intero interrogatorio fu registrato e le audiocassette vennero ritrovate durante le indagini eseguite dalla polizia.

Alla fine, il “tribunale rivoluzionario” decise di condannare Stefanini a morte, con una motivazione ben precisa: “funzione repressiva a spese dei prigionieri proletari comunisti”. La donna venne giustiziata con un secco colpo di pistola alla nuca e il suo corpo fu rinvenuto quella stessa sera nel bagagliaio di una Fiat 131 parcheggiata nella zona del Tiburtino. Una fine tragica, tristemente simile a quella che non molti anni prima aveva fatto Aldo Moro.

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