La Cina ha affermato di voler limitare gli aborti (consentendo solo quelli strettamente necessari per motivi medici) per promuovere l’uguaglianza di genere.

La news è stata diffusa della CNN, suscitando immediato sdegno. La Cina, d’altronde, non è nuova alle disposizioni severe per quanto riguarda il controllo delle nascite: per molti anni, infatti, il governo cinese ha imposto la “politica del figlio unico” a tutte le famiglie (legge introdotta nel 1979 e abolita nel 2013 dalla Corte Suprema del Paese) che ha costretto milioni di donne non in prima gravidanza ad abortire.

E l’orrore non finisce qui. La tradizionale preferenza per i figli maschi ha portato ad aborti selettivi in ​​base al sesso, con le famiglie che spesso sceglievano di abortire le femmine. Questa terribile usanza, chiaramente, ha contribuito al formarsi di un rapporto di genere significativamente distorto: il censimento del 2021 ha svelato che sul territorio sono presenti quasi 35 milioni di uomini in più rispetto alle donne.

Per incentivare la natalità in calo, la Cina era già corsa ai ripari adottando la “politica dei due figli” nel 2016. Alla luce dei nuovi dati emersi dal recente censimento, inoltre, è stata introdotta la “politica dei tre figli” nell’agosto di quest’anno.
Il governo si sta anche impegnando in una capillare campagna di propaganda per sollecitare le donne ad avere più figli, offrendo persino incentivi finanziari alle famiglie.

Si tratta, a ogni modo, di un deciso cambio di rotta che ha prevedibilmente generato molti dubbi e fatto sollevare più di un sopracciglio.

Numerosi sono stati i commenti furiosi di donne stanche di venire controllate nella loro vita privata. La situazione femminile in Cina, inoltre, è molto cambiata nel corso degli anni: ora le donne dispongono di maggiori opportunità di carriera e non sono inclini a diventare madri, soprattutto perché il costo della vita è molto alto e le norme sociali impongono alle madri l’assistenza alla prole durante l’infanzia.

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