Chi era Cristiano Aprile, ucciso a coltellate a 12 anni, e perché "il caso va riaperto"

Dopo oltre 35 anni dal suo omicidio, alcuni elementi fanno emergere nuovi quesiti sul caso, rimasto irrisolto. Ecco la testimonianza dell'ex poliziotto Maurizio Barca.

Povero Cristiano, mi dispiace che ci sia andato di mezzo lui che non c’entrava nulla”, aveva detto così Valerio Aprile, il padre del piccolo Cristiano, ucciso a 12 anni il 24 febbraio 1987, nella sua casa a nord di Roma: a dichiararlo è oggi Maurizio Barca, ex vice ispettore di polizia, in auto con il padre della vittima quando, pochi giorni dopo il delitto, pronunciò quelle parole. E che oggi vorrebbe far riaprire il caso, rimasto irrisolto.

La storia ci insegna che anche casi molto vecchi – ha detto l’ex poliziotto a Repubblica – possono essere riaperti dopo un’attenta rilettura delle carte. Ci sono poi alcuni elementi rimasti impressi nella mia mente che potrebbero essere d’interesse della Procura e che sono pronto a fornire. Ricordiamoci che a essere ucciso è stato un bambino innocente”.

Quel giorno del febbraio 1987, Cristiano Aprile era in casa con la mamma, Fiorella Baroncelli, e la sua sorellina più grande, Giada, di 14 anni, quando, ad un certo punto, alla porta si era presentato un giovane, dichiarando di essere un allievo del marito venuto a prendere in prestito un libro. Una volta entrato, però, il ragazzo aveva iniziato ad aggredire tutti i membri della famiglia presenti in casa, compreso Cristiano Aprile. Ma, mentre madre e sorella riescono a sopravvivere, per il ragazzo non ci sarà nulla da fare.

Un ragazzo sui 18-20 anni. Era alto, molto magro, di una magrezza innaturale. Di un colorito livido, un pallido che andava nel livido. Occhi neri, capelli nerissimi, mi sembra tagliati a spazzola (…) Occhiali normali, grandi, però cerchiati di scuro”: la madre della vittima aveva descritto così l’aggressore, come riportato da Repubblica. Nonostante le estenuanti ricerche, però, il killer non era mai stato trovato.

E sarebbero due, secondo Barca, gli elementi che non quadrano. Il primo: “Questo ragazzo di cui è stato fatto l’identikit sarebbe fuggito indisturbato in una mattina di un giorno feriale, senza essere visto da nessuno. Perché abbiamo chiesto ai residenti, ai negozianti vicini. Niente. Ed è molto strano. Anche perché avrebbe dovuto essere completamente sporco di sangue, oltre a portare un impermeabile nero che avrebbe dato nell’occhio”, si legge su Repubblica.

Il secondo è quella frase, pronunciata in auto: “Ho una buona memoria e quelle parole mi fecero drizzare le antenne (…) Subito ne parlai ai miei superiori che però minimizzarono”, spiega oggi Barca. Poi, l’ex poliziotto conclude: “Siamo sicuri al 100% che il killer sia uscito da quel palazzo? E perché non sono stati fatti maggiori approfondimenti sulla famiglia e su presunte questioni familiari?”.

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