Povero Cristiano, mi dispiace che ci sia andato di mezzo lui che non c’entrava nulla”, aveva detto così Valerio Aprile, il padre del piccolo Cristiano, ucciso a 12 anni il 24 febbraio 1987, nella sua casa a nord di Roma: a dichiararlo è oggi Maurizio Barca, ex vice ispettore di polizia, in auto con il padre della vittima quando, pochi giorni dopo il delitto, pronunciò quelle parole. E che oggi vorrebbe far riaprire il caso, rimasto irrisolto.

La storia ci insegna che anche casi molto vecchi – ha detto l’ex poliziotto a Repubblica – possono essere riaperti dopo un’attenta rilettura delle carte. Ci sono poi alcuni elementi rimasti impressi nella mia mente che potrebbero essere d’interesse della Procura e che sono pronto a fornire. Ricordiamoci che a essere ucciso è stato un bambino innocente”.

Quel giorno del febbraio 1987, Cristiano Aprile era in casa con la mamma, Fiorella Baroncelli, e la sua sorellina più grande, Giada, di 14 anni, quando, ad un certo punto, alla porta si era presentato un giovane, dichiarando di essere un allievo del marito venuto a prendere in prestito un libro. Una volta entrato, però, il ragazzo aveva iniziato ad aggredire tutti i membri della famiglia presenti in casa, compreso Cristiano Aprile. Ma, mentre madre e sorella riescono a sopravvivere, per il ragazzo non ci sarà nulla da fare.

Un ragazzo sui 18-20 anni. Era alto, molto magro, di una magrezza innaturale. Di un colorito livido, un pallido che andava nel livido. Occhi neri, capelli nerissimi, mi sembra tagliati a spazzola (…) Occhiali normali, grandi, però cerchiati di scuro”: la madre della vittima aveva descritto così l’aggressore, come riportato da Repubblica. Nonostante le estenuanti ricerche, però, il killer non era mai stato trovato.

E sarebbero due, secondo Barca, gli elementi che non quadrano. Il primo: “Questo ragazzo di cui è stato fatto l’identikit sarebbe fuggito indisturbato in una mattina di un giorno feriale, senza essere visto da nessuno. Perché abbiamo chiesto ai residenti, ai negozianti vicini. Niente. Ed è molto strano. Anche perché avrebbe dovuto essere completamente sporco di sangue, oltre a portare un impermeabile nero che avrebbe dato nell’occhio”, si legge su Repubblica.

Il secondo è quella frase, pronunciata in auto: “Ho una buona memoria e quelle parole mi fecero drizzare le antenne (…) Subito ne parlai ai miei superiori che però minimizzarono”, spiega oggi Barca. Poi, l’ex poliziotto conclude: “Siamo sicuri al 100% che il killer sia uscito da quel palazzo? E perché non sono stati fatti maggiori approfondimenti sulla famiglia e su presunte questioni familiari?”.

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