"Il mondo dell'arte urbana è anche delle donne, dobbiamo dirlo" - INTERVISTA A LIVIA FABIANI

L'arte urbana non è solo appannaggio maschile. Per parlare del ruolo femminile nella street art sta arrivando VenUS Festival, una due giorni di musica, workshop, laboratori, talk, e ovviamente arte.

L’arte è maschile? La storia ci ha insegnato così, ma la realtà è ben diversa.

Artiste talentuose, nel corso dei secoli, ci sono state, ma a parte rare eccezioni, come Artemisia Gentileschi, poche sono davvero riuscite a emergere, schiacciate dall’egemonia maschile e dalla mentalità patriarcale che le relegava al ruolo di semplici comprimarie, spesso anche dei mariti (basti pensare a Margaret Keane, moglie del pittore Walter, che si vide letteralmente “rubare” da lui le sue opere).

Le cose, a quanto pare, non sono cambiate molto, e ancora oggi il mondo dell’arte, anche quella urbana, parla ancora al maschile. Per questo c’è bisogno di parlare di eventi come il VenUS Festival, che si terrà a Roma, al TAG Culture, spazio polifunzionale nel quartiere Magliana, a Roma, nel weekend del 28 e 29 ottobre, e di cui Roba da Donne è media partner.

Alla sua prima edizione, il festival, realizzato con il contributo economico di Roma Capitale e patrocinato dal Municipio di Roma XI, è nato da un’idea di Livia Fabiani, presidente dell’associazione VenUS Urban Art, fondata nel 2022 grazie al lavoro sinergico di quattro ragazze, Fabiani appunto, l’illustratice Giulia Capponi, Arianna Arienzo e Gloria Pergola, dopo essere risultata tra i primi 50 progetti vincitori del bando regionale “VitaminaG” (realizzato nell’ambito del programma GenerAzioniGiovani finanziato dalle Politiche Giovanili della Regione Lazio con il sostegno della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per la Gioventù).

VenUS Festival sarà un luogo dove diverse forme d’arte si incontreranno, con il medesimo scopo: parlare di inclusività e di disparità di genere. Dj set, mostre, murales realizzati live nel corso della giornata, workshop, talk e mercatini artigianali saranno lo scenario che ospiterà bambini e giovanissimi, per raccontare i temi dell’inclusione e del femminismo intersezionale.

Abbiamo voluto approfondire le tematiche affrontate nel festival, ma non solo, con Livia Fabiani, che prima di tutto ci spiega come è nata l’idea.

Di base abbiamo partecipato a un bando indetto dal comune di Roma per parlare di inclusione, noi già realizzavamo mostre, talk e market, quindi abbiamo pensato di riunire in un’unica giornata tutto ciò che come associazione già facevamo per parlare di inclusività. Creare un evento multidisciplinare era un modo per raggiungere diverse persone, quindi per avere una diversità sia a livello di programma che a livello di generazioni, anche se il focus del festival tendenzialmente sono bambini, bambine e giovani o giovani adulti.

Abbiamo cercato di coinvolgere tantissime associazioni del territorio, come consultori, associazioni che si occupano di parità di genere, oltre a ospiti che possono davvero apportare la loro esperienza e la loro conoscenza nel corso delle giornate. Lo stesso possiamo dire a livello musicale, ci saranno diversi generi nei vari dj set, proprio perché il messaggio che vogliamo lanciare, solo all’apparenza banale, è che diversità è ricchezza“.

Fra le associazioni che contribuiranno al festival figura anche Giuliaparla, che si occupa di autismo, mentre tra gli ospiti figurano, tra gli altri e le altre, l’autore Lorenzo Gasparrini, l’economista femminista Azzurra Rinaldi, la creator fondatrice di Colory mariannatheinfluenza, la presidente della Commissione Pari Opportunità di Roma Michela Cicculli, la giornalista Eugenia Nicolosi. La parte musicale, invece, sarà affidata, dal punto di vista organizzativo, ad altre due associazioni che hanno a cuore i temi del femminismo e dell’inclusione, Lunatika e Freeda Mood.

Sabato, inoltre, l’artista argentina Agus Rucula realizzerà un murales, nel corso di un laboratorio pensato per i giovani dai 16 anni in su, che farà da scenario ai talk.

Per quanto riguarda la scelta della location, al TAG Culture, è casuale o ragionata?

C’è un ragionamento legato non solo alla funzionalità del TAG, che ha uno spazio interno, veranda e giardino che verranno attraversati nel corso del festival; in realtà volevamo attivare questo spazio, avevamo la volontà di portare le persone in periferia attraverso eventi culturali e artistici. Personalmente vorrei che il TAG diventasse un luogo di incontro, come già avviene per molti luoghi periferici e industriali in altre città europee come Londra, Lisbona o Berlino. C’è stata l’intenzione di portare il festival in un luogo del genere e di coinvolgere associazioni del territorio anche per far conoscere i servizi offerti alla comunità.

Il messaggio che vogliamo lanciare parla fin dalla scelta della location di inclusione: vogliamo rivalutare e sfruttare al meglio questi luoghi spesso marginalizzati“.

VenUs Urban Art, come detto, è nata come collettivo teso a parlare di arte urbana e di presenza femminile in quel contesto; e tra le opere “wrok in progress” c’è anche il progetto di un murales dedicato a Michela Murgia.

Abbiamo aperto un crowdfunding per realizzare un murales dedicato a Murgia – ci spiega Fabiani – con deadline maggio 2024, ci sono arrivati diversi riscontri da vari municipi che vorrebbero ospitare il murales. L’artista che se ne occuperà realizzerà un bozzetto del murales per una parete verticale, in cui cercheremo di riassumere tutto il lavoro e i pensieri di Michela Murgia“.

Se c’è bisogno di parlare di presenza femminile all’interno dell’arte urbana è, per riprendere il discorso con cui abbiamo aperto l’articolo, perché anche questa forma d’arte sembra essere appannaggio degli uomini, e non certo per scarsità di presenza della componente donna al suo interno. Il discorso, semmai, ha a che fare con il maschilismo che impera anche in questo contesto, e che ancora troppo spesso relega le artiste a un ruolo marginale o le costringe a lavorare il doppio per riuscire a emergere (non sempre riuscendoci, peraltro).

Riuscire a far affiorare questi temi e dare l’opportunità alle artiste di farsi conoscere è lo scopo di VenUS Urban Art, nata, come ci spiega Fabiani, da un suo interesse lavorativo per l’arte urbana, sviluppato appena diciottenne:

All’inizio andavo alle mostre e fotografavo i murales, poi ho deciso di rendermi parte attiva, e di organizzare qualcosa io in prima persona – dice – Così ho parlato col liceo che frequentavo e siamo riusciti a far realizzare un murales, mentre l’anno dopo ho chiesto permesso al municipio per realizzare un altro murales ispirato al ciclo de Le metamorfosi di Ovidio. Nel tempo mi sono creata una rete di conoscenze che, però, mi hanno anche fatto capire quanto fossi discriminata sia per il fatto di essere una donna, che per il fatto di essere molto giovane. Nessuno mi prendeva sul serio.

Nel 2019 ho conosciuto Toponomastica femminile, che si occupa di uguaglianza di genere, e grazie a un tirocinio fatto con loro sono riuscita a volare in Brasile lavorando a stretto contatto con le street artist, decostruendo anche tutto il maschilismo interiorizzato che, nonostante tutto, anch’io avevo”.

Di lì a poco nasce l’associazione, che nei suoi eventi si appoggia e chiama in causa altre figure rilevanti nel panorama del femminismo, come accadrà appunto anche nel corso del festival.

Nel mondo dell’arte urbana, come e dove si manifesta maggiormente il maschilismo?

Molte artiste con cui ho collaborato mi hanno riferito che, mentre stanno lavorando a un murales di grandi dimensioni, arriva sempre qualcuno che le guarda e domanda ‘Dov’è l’artista?’, aspettandosi che questo sia un uomo. Anche a me è capitato di essere guardata in maniera strana dagli uomini, perché non credevano che avessi potuto organizzare tutto io, dal punto di vista logistico, tecnico… Insomma, gli uomini hanno sempre l’aria di chiedersi ‘Vabbè, prima o poi arriverà un uomo!’.

Come ho già detto, poi, nella mia esperienza lavorativa io ero guardata male anche solo per il fatto di essere giovane. Essere donna e giovane significa avere ancora meno autorevolezza, agli occhi degli uomini”.

E a livello di rappresentanza, volendo fare una proporzione, quante sono le artiste rispetto agli artisti?

Abbiamo fatto un calcolo tempo fa, e il risultato era un decimo. In realtà, però, il dato è molto più ampio, dobbiamo anche capire se parliamo di artiste già affermate, artiste che stanno emergendo… Noi come VenUS abbiamo un file Excel dove abbiamo riunito tutte le artiste del mondo, proprio per far capire che in realtà non ci sono così poche artiste come spesso crediamo”.

L’aspetto di cui hai appena parlato è interessante: parliamo di artiste che devono emergere e di artiste già conosciute. Perché le prime fanno così fatica a farsi notare? 

Attualmente l’arte urbana ha un po’ perso il suo stile iniziale, nel senso che si è ‘legalizzata’. Tu puoi sempre fare arte spontaneamente, diciamo così, ma se vuoi fare le cose ‘istituzionalizzate’, su commissione, allora la difficoltà a emergere sta nel fatto che gli artisti vengono generalmente valutati in base ai muri grandi che riescono a fare, e nei lavori su commissione comuni, associazioni, organizzazioni tendono a fidarsi di più degli uomini, hanno dei preconcetti enormi sul lavoro femminile“.

Le cose comunque non vanno meglio anche per le artiste affermate, il che significa sì essere chiamata a partecipare a mostre, a esporre in gallerie, ma anche fare un’arte che abbia un’identità visiva, in modo che, quando vedi un murales, ti viene subito istintivo dire ‘Quello ha lo stile di’. Nascendo come arte illegale, viene fatta di notte, in posti abbandonati, luoghi che culturalmente non vengono considerati ‘sicuri’ per le donne, viviamo in un contesto in cui non solo le donne non si sentono sicure e quindi sono meno spinte a uscire da sole per andare a realizzare la loro arte, ma anche gli altri le scoraggiano con frasi come ‘Sei proprio sicura di voler uscire da sola?’. La società, in questo modo, spinge le donne ad autolimitarsi, motivo per cui le street artist donne hanno così tante difficoltà ad affermarsi”.

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