"Dottore, sono già morta 15 anni fa": la lezione di vita (e dignità) di una donna malata terminale

Quello sulla volontà di vivere o di morire di fronte ad una malattia incurabile è un dibattito nel quale non possiamo né vogliamo avventurarci. Ma la lezione di vita che un'anziana paziente ha donato al medico arrivato per curarla vale davvero la pena di essere raccontata.

“15 anni fa mio figlio a 33 anni e venuto a mancare… ha avuto un infarto. Io sono morta quel giorno lo sai?”

Chissà quali sentimenti, quali emozioni, devono avere attraversato il cuore e la mente di Marco Deplano, urologo all’ospedale Sirai di Carbonia, in Sardegna, quando si è sentito rispondere così da un’anziana paziente affetta da un tumore giunto ormai in fase terminale.

Marco, chiamato dai colleghi per una consulenza, ha esaminato la cartella clinica della signora che sedeva nel lettino d’ospedale di fronte a lui, poi ha iniziato a spiegarle la terapia che avrebbero dovuto seguire per curarla; ma lei l’ha interrotto, e gli ha confidato quella che per il giovane medico si è rivelata, probabilmente, la più toccante e sincera lezione di vita che potesse mai ricevere.

“Io dovevo morire con lui 15 anni fa, dovevo morire 10 anni fa quando mi hanno trovato la malattia e adesso io non devo più fingere per gli altri. I figli sono sistemati, i nipoti pure… io devo tornare da lui. Che senso ha vivere qualche giorno in più con sacchette soffrendo e facendo penare i miei cari… io ho una dignità.”

Già, la dignità: quella di una donna che non vuole più vedere il suo corpo martoriato da tubi e aghi, che decide di accettare serenamente il corso naturale degli eventi ma, prima ancora, quella di una madre, che ha vissuto così a lungo solo nella speranza di poter riabbracciare il figlio scomparso. Stop alle terapie, alle cure dolorose: quella dell’anziana paziente di Marco è una libera e legittima scelta che tale dovrebbe restare, e che è condivisa da molti (spesso anche più giovani) che, come lei, non desiderano per forza rimanere aggrappati alla vita: lo ha scelto Brittany Maynard, ad esempio, che a soli 29 anni e con un cancro al cervello ha preferito l’eutanasia a quella che per lei sarebbe stata solo un’apparenza di vita.

Marco, colpito nel profondo dalle commoventi ma lucidissime parole della donna, tornato a casa ha voluto condividere pubblicamente la sua esperienza, con un post su Facebook diventato immediatamente virale.

Le reazioni non si sono fatte attendere…

Le migliaia di reazioni e condivisioni hanno però sorpreso lo stesso Marco, che non si aspettava di raggiungere così tante persone e di arrivare a toccarle tanto con il racconto di quell’episodio che per lui ha rappresentato una lezione davvero importante ed indimenticabile.

Forse quello che Marco non poteva sapere, nel momento in cui, quasi per “sfogo” ha pubblicato il post, era che il messaggio che aveva ricevuto dall’anziana signora e che lui stava riportando era, in fondo, un messaggio di amore: verso il figlio perduto, verso quelli rimasti e cresciuti, ma anche verso se stessa. Una dimostrazione di dignità e di indipendenza di fronte a cui tutti, a prescindere dalle opinioni personali su un tema tanto delicato come quello della volontà di arrestare le cure mediche, dovremmo fermarci a riflettere e che comunque dovremmo apprezzare, perché fatta consapevolmente e con piena volontà.

Il percorso che una persona malata di cancro deve affrontare può, in fondo, essere compreso appieno e realmente solo da chi lo vive, e i modi stessi di viverlo non possono e non devono essere giudicati, perché sono assolutamente personali e insindacabili. Un esempio è questa gallery che noi troviamo davvero bellissima:

Non esistono modi più o meno coraggiosi o “corretti” di vivere una malattia che, inutile negarlo, è devastante e sconvolgente: esistono solo modi che dipendono, e dovrebbero continuare a dipendere, esclusivamente dalla volontà di chi si trova ad affrontarla.

Quella dell’anziana paziente di Marco è una lezione davvero importante per tutti, che forse necessiterebbe qualche considerazione ponderata e non avventata, indipendentemente dai modi di pensare che restano naturalmente soggettivi e dai singoli retaggi di ognuno di noi; perché, dopo tutto, è una lezione di vita, non di morte.

La notizia è stata resa nota dall’Huffington Post, che per primo ha riportato il post del medico.

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