"Donne e lavoro? Dobbiamo passare dalla cultura del giudizio a quella della valorizzazione"

“In Italia c’è ancora troppa rigidità sui percorsi professionali delle donne. Invece le lavoratrici possono e devono reinventarsi e valorizzare le skills che, nel corso della vita, cambiano, maturano ed evolvono". Intervista a Eleonora Rocca, founder di WomenX Impact e dell'omonimo Summit.

Anche nel 2025 torna l’appuntamento con WomenX Impact: tre giorni per esplorare il mondo dell’imprenditoria al femminile attraverso panel, speech e workshop, affrontando tematiche che spaziano dalla leadership alla sostenibilità, fino all’innovazione digitale e all’utilizzo dell’intelligenza artificiale.

Per il quarto anno consecutivo, Roba da Donne è media partner dell’evento, che si terrà a Milano – Talent Garden Calabiana & online – il 27, 28 e 29 novembre 2025 (i primi due giorni in presenza, il terzo online). WomenX Impact Summit è una grande opportunità per ascoltare grandi menti e condividere idee innovative, un momento d’incontro per allargare il proprio network e supportare la crescita personale e professionale.

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Ne abbiamo parlato con Eleonora Rocca, consulente, founder della community WomenX Impact e anima del Summit.

Cosa ci dobbiamo aspettare dall’edizione 2025 di WomenX Impact?

«Quest’anno abbiamo voluto coinvolgere direttamente la nostra community: invece di costruire noi il programma dall’alto, abbiamo inviato un questionario per capire quali temi volessero approfondire. Ne sono emersi filoni forti: l’intelligenza artificiale, il future of work, le soft skills come intelligenza emotiva e la formazione continua, dall’upskilling al reskilling.

Per chiarezza: upskilling significa aggiornare le proprie competenze per restare al passo con i cambiamenti del settore; reskilling invece vuol dire acquisirne di nuove per reinventarsi in un altro ruolo o settore. Ed è un tema cruciale, soprattutto se pensiamo che in Italia molte donne tra i 45 e i 54 anni oggi vogliono o devono ricominciare da capo: secondo un report Phoenix Insights, 1 donna su 3 in questa fascia d’età prevede di iniziare una nuova carriera.

In più, accanto alle speaker senior, daremo spazio anche a professioniste sui trent’anni, che stanno muovendo i primi passi nella leadership: un confronto generazionale che arricchisce. Non mancheranno workshop, content creators, interviste e la cena di gala.»

Parlare di lavoro femminile significa inevitabilmente parlare di bias. In Italia uno dei più radicati riguarda l’età: troppo giovani o troppo “anziane”, sembra non esserci mai un equilibrio. È così anche in Inghilterra, dove vivi tu?

«In parte sì, ma in Italia il problema è molto più marcato. Qui se sei giovane non vieni considerata credibile, perché “non hai esperienza” e perché sei vista come potenziale madre. Se invece superi i 40, si dà per scontato che non potrai più reinventarti.

Io vivo a Londra da dodici anni e ti assicuro che qui è diverso: conosco donne che hanno cambiato carriera a 45 anni, dopo un master o una riqualificazione, e sono state assunte senza problemi. In Italia, invece, perdere il lavoro dopo i 40 significa spesso non riuscire più a rientrare: un limite enorme, che dobbiamo scardinare.

Non dimentichiamo che con l’età pensionabile a 67 anni (e presto 68), chi ha 45 anni ha ancora oltre vent’anni di carriera davanti: cambiare non è follia, è strategia.»

Eppure le competenze delle professioniste over 45 non sono certo inferiori a quelle dei colleghi uomini. Quali sono i veri ostacoli?

«Due principalmente. Il primo è la difficoltà delle donne a fare self-selling: gli uomini sanno autocelebrarsi, presentarsi con sicurezza, mentre noi spesso ci sottovalutiamo, anche per via della sindrome dell’impostore.

Il secondo riguarda i “buchi” nei curricula: periodi di maternità, part-time forzati, carichi familiari che gli uomini non hanno. Questo pesa enormemente nelle selezioni e nelle possibilità di carriera. Non a caso, ancora oggi le posizioni apicali – i board, i C-level – sono in gran parte maschili.

Un altro dato che lo dimostra: solo il 15% delle donne tra i 45 e i 54 anni ha ricevuto supporto professionale o orientamento di carriera, e oltre la metà (51%) non sa nemmeno che esistano servizi dedicati. Questo le fa sentire sole e bloccate in una fase cruciale della loro vita professionale.»

Perché l’ageismo colpisce anche in settori dove non dovrebbe contare l’estetica, ma competenze ed esperienza?

«Perché in Italia siamo prigionieri delle tappe rigide: a 30 anni ti devi sposare, a 40 devi essere senior, e devi aver già fatto due figli. È un retaggio culturale che ingabbia tutti, ma sulle donne pesa di più.

All’estero invece è normale prendersi un anno sabbatico, cambiare settore, persino segnare sul curriculum un periodo dedicato alla genitorialità. In Italia manca ancora questa flessibilità, e il giudizio sociale resta fortissimo.»

La cosiddetta squiggly career – fatta di cambi di rotta e sperimentazioni – è praticabile in Italia?

«Personalmente è stata la mia vita: ho fatto l’azienda, la consulenza, i progetti miei, venduti e ricreati. A Londra non è mai stato un problema rientrare dopo una pausa, anzi, viene visto come arricchimento.

Per chi non conosce il termine: squiggly career significa letteralmente “carriera a onde”, non lineare. È la carriera di chi cambia direzione, settore, ruolo, magari più volte, per cercare realizzazione e senso. Oggi è una tendenza crescente: sempre più donne aprono attività, si formano, cambiano settore. Non è un salto nel buio: è un percorso consapevole e potente.

In Italia invece la rigidità domina: se lasci un lavoro per un tuo progetto, quando torni rischi di essere guardata con sospetto. Ma il mondo del lavoro sta cambiando e credo che, passo dopo passo, anche qui arriveremo a valorizzare percorsi meno lineari. È questa la sfida: passare da una cultura del giudizio a una cultura della valorizzazione del talento.»

Ci vediamo al WomenX Impact Summit!

  • Quando
    • 27, 28 e 29 novembre 2025
  • Dove
    • Il 27 e il 28 a Milano Talent Garden Calabiana in presenza;
    • il terzo online.

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