Claudio Marini, accusato di avere adescato ragazze sostenendo di essere un regista e di volerle fare recitare in film che non sono mai stati realizzati, è stato condannato dal Tribunale di Roma per violenza sessuale a 11 anni e 9 mesi di carcere. I provini a cui venivano sottoposte le aspiranti attrici erano in realtà solo una scusa per moleste e abusi. L’accusa nei confronti dell’uomo, un 51enne originario di Frosinone, aveva chiesto per lui una condanna a 9 anni.

Il suo modo di agire era diventato talmente consolidato da diventare seriale. Era lui stesso a prendere contatto con le giovani e a parlare loro dei suoi progetti nel mondo del cinema, per poi portarle nella sua abitazione, dove finivano per subire atti sessuali contro la loro volontà.

Gli episodi, secondo quanto riportato da Repubblica, risalirebbero al periodo tra il 2019 e il 2020: in seguito alla testimonianza di dodici giovani, Claudio Marini era stato arrestato già nel 2020, ma era poi tornato libero per decorrenza dei termini processuali. A questo si erano aggiunti anche alcuni legittimi impedimenti, oltre a una lombosciatalgia e all’assenza di qualche testimone, tutti fattori che hanno fatto rinviare le udienze.

Già in quella fase gli inquirenti che si erano occupati dell’indagine non avevano escluso che le vittime potessero essere molte di più. Si era poi arrivati a un ulteriore procedimento in seguito a una denuncia presentata da un’altra vittima.

L’uomo si presentava alle ragazze sostenendo di essere il responsabile di un’agenzia cinematografica, invitava poi le aspiranti attrici in un business center, successivamente le spingeva a presentarsi in un fast food “per effettuare un provino”, come indicato negli atti dell’inchiesta. “Dopo aver recitato con la vittima all’interno del locale” i due si spostavano nella sua abitazione, indicando quella come il luogo più adatto per poter provare altre scene.

Si tratta di una sentenza storica, arrivata a tre anni dalla prima segnalazione giunta ad Amleta, associazione che punta a contrastare la disparità e la violenza di genere nel mondo dello spettacolo. Sulla base di uno studio effettuato recentemente da Diffusione Donna, “in due anni sono arrivate 223 segnalazioni di abusi e violenza sessuale nel mondo dello spettacolo”. Il 41% riguarda registi, il 15,7% attori, il 6,2% produttori e il 5% insegnanti.

“Questa sentenza rappresenta una nuova era, l’era del ‘Me Too‘ italiano, un movimento che parte dalla forza delle donne del mondo dello spettacolo, dalla loro consapevolezza dei loro diritti negati – sono state le parole delle avvocate Teresa Manente e Marta Cigna di Differenza Donna, riportate da LeggoLa nostra associazione si è costituita parte civile e insieme all’associazione Amleta lotta per svelare la gravità e la diffusione di molestie e violenza sessuale in questo contesto dove permangono stereotipi e pregiudizi sessisti. Vogliamo dire a tutte le giovani donne attrici o aspiranti attrici – concludono le due avvocate – che è reato chi viola la nostra libertà di autodeterminazione e sessuale e chi sfrutta il proprio potere per indurci a subire e a tacere”.

 

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