È finita l’attesa per Leaving Neverland, il documentario targato HBO che racconta i presunti abusi sessuali di Michael Jackson su Wade Robson e James Safechuck, quando questi ultimi erano ancora dei ragazzini. Le violenze, secondo le due vittime, sarebbero avvenute negli anni ’80 e ’90, quando il re del pop era all’apice della sua carriera. Nella sua splendida tenuta chiamata Neverland, si sarebbero dunque compiuti raccapriccianti abusi sessuali su alcuni bambini, che Michael Jackson aveva avuto occasione di conoscere in momenti diversi.
Il documentario, diretto da Dan Reed, è già stato presentato in anteprima al Sundance Festival 2019, mentre per il grande pubblico andrà in onda proprio in questi giorni – la prima puntata è stata trasmessa ieri sera, la seconda è attesa tra alcune ore. Naturalmente, la decisione di portare sugli schermi una vicenda così delicata e controversa non è passata sotto silenzio. La famiglia di Michael Jackson ha già querelato la HBO per diffamazione, chiedendo 100 milioni di dollari di risarcimento. Leaving Neverland riapre infatti una lunga querelle legale che da decenni vede la popstar accusata di violenza sessuale su diversi minori.
Le prime, pesantissime accuse sono infatti arrivate nel 1993, da parte del padre di un ragazzino 13enne che Michael Jackson aveva conosciuto grazie all’amicizia con sua madre. Solo mediante un accordo economico extragiudiziale il cantante riuscì a mettere a tacere la questione, sebbene un anno dopo emersero prove che lo scagionarono completamente. Nel 2003, a seguito di un documentario sulla sua vita, Michael Jackson venne accusato nuovamente di molestie sessuali, con sette capi d’imputazione. Due anni dopo, la popstar venne assolta con formula piena da tutte le accuse.
Il 25 giugno 2009, Michael Jackson morì improvvisamente a seguito di un attacco cardiaco, dovuto a un’intossicazione di un farmaco anestetico utilizzato per curare una grave forma di insonnia. Negli anni seguenti, Robson e Safechuck riportarono a galla la terribile vicenda degli abusi sessuali, testimoniando quali vittime di violenza ad opera del cantante. Ed è proprio su questa questione che il documentario Leaving Neverland cerca di fare chiarezza, raccontando anche alcuni dettagli terrificanti.
Scopriamo insieme, nella gallery, quali sono i punti salienti del documentario e delle accuse ancora pendenti su Michael Jackson.
Leaving Neverland
Il documentario firmato HBO porta alla luce alcuni dettagli inquietanti sulle recenti accuse di abusi sessuali su minori che sono state portate avanti contro Michael Jackson. L’autore di Leaving Neverland è Dan Reed, che non è nuovo a questo genere di inchieste. Alcuni anni fa ha infatti prodotto The Pedophile Hunters (I cacciatori di pedofili).
Wade Robson
Wade Robson, che oggi ha 36 anni, ha incontrato Michael Jackson nel 1987, quando era un bambino di appena 5 anni. Giovanissimo ballerino dal promettente futuro, il piccolo Wade ha conosciuto la star del pop nel backstage di un suo show a Brisbane, e da lì sono iniziati i rapporti tra Michael Jackson e la famiglia Robson. Per molti anni, il ragazzo avrebbe tenuto per sé i terribili abusi subiti.
James Safechuck
James Safechuck, oggi 40enne, ha invece conosciuto Michael Jackson sul set di una pubblicità in cui hanno recitato insieme nel 1986, quando aveva 9 anni. In poco tempo, la famiglia Safechuck ha iniziato a frequentare la tenuta del cantante, dove sarebbero avvenuti gli abusi.
Neverland Ranch
Tutto ruoterebbe attorno alla magnifica tenuta chiamata Neverland Ranch, situata in California. Michael Jackson vi aveva costruito una vera e propria attrazione aperta ai bambini. Oggi il ranch è in vendita, e con l’uscita del documentario Leaving Neverland il suo prezzo è calato drasticamente del 70%.
Le accuse di Robson e Safechuck
Nel 2003, Michael Jackson dovette affrontare un nuovo processo per 7 imputazioni di violenze sessuali su minori. Wade e James non figuravano però tra le vittime, anzi: il giovane Robson, in quell’occasione, aveva specificato di non essere mai stato abusato durante le sue numerose visite a Neverland. Nel 2013, però, Wade Robson ha citato la Michael Jackson’s Estate in giudizio, rivelando di aver subito molestie sessuali dai 7 ai 14 anni.
Le dure testimonianze delle vittime
Wade e James – che si è unito al primo nelle accuse contro la popstar – hanno ripercorso la loro storia nel documentario Leaving Neverland. In un’intervista a Today, Wade Robson ha spiegato i motivi per cui non si è esposto prima: “Non ho mai dimenticato nemmeno un singolo momento di quello che è accaduto con Michael Jackson, ma ero psicologicamente ed emozionalmente incapace di capire che si trattava di abusi sessuali”.
Il racconto di James Safechuck
Le parole di James sono un pugno nello stomaco. L’uomo ha rivelato alcuni dettagli terrificanti, come ad esempio i gioielli che Michael Jackson gli avrebbe regalato come ricompensa per le sue “prestazioni sessuali”. Nel documentario, James ha mostrato un prezioso anello d’oro e diamanti: la popstar glielo avrebbe donato durante una finta cerimonia nuziale, con cui i due si sarebbero uniti in matrimonio.
Le accuse sono state respinte
Nel 2017, la Corte Superiore di Los Angeles ha rigettato le accuse di Wade Robson per insussistenza dei fatti e per aver presentato denuncia troppo tardi. Sia Robson che Safechuck hanno deciso di ricorrere in appello.
La risposta della famiglia Jackson
Dopo aver saputo del documentario, la famiglia Jackson ha deciso di rilasciare alcune dichiarazioni:
“Michael Jackson è nostro fratello e nostro figlio. Siamo furiosi per il fatto che i media, senza uno straccio di prova o un singolo indizio materiale, abbiano scelto di credere alla parola di due bugiardi conclamati invece che a quella di centinaia di famiglie e amici in tutto il mondo che hanno trascorso del tempo con Michael, molti di loro a Neverland, e che hanno sperimentato la sua leggendaria gentilezza e generosità. Siamo orgogliosi di ciò che Michael Jackson rappresenta. Le persone hanno sempre amato perseguitare Michael. Era un bersaglio facile perché era unico. Ma Michael fu sottoposto a un’indagine approfondita che incluse un raid a sorpresa a Neverland e in altre proprietà, nonché un processo davanti a una giuria in cui Michael venne considerato COMPLETAMENTE INNOCENTE. Non c’è mai stato uno straccio di prova di nulla. Eppure i media sono ansiosi di credere a queste bugie. Michael ha sempre rivolto l’altra guancia, e anche noi abbiamo sempre rivolto l’altra guancia quando le persone hanno perseguitato i membri della nostra famiglia – questo è lo stile dei Jackson. Ma non possiamo semplicemente stare fermi di fronte a questo linciaggio pubblico e alla persecuzione da parte di avvoltoi e altri che non hanno mai incontrato Michael. Michael non è qui per difendersi, altrimenti queste accuse non sarebbero state fatte. I creatori di questo film non erano interessati alla verità. Non hanno mai intervistato una sola anima che conoscesse Michael, tranne i due spergiuri e le loro famiglie. Questo non è giornalismo, e non è giusto, eppure i media continuano a diffondere queste storie. Ma la verità è dalla nostra parte. Fate le vostre ricerche su questi opportunisti. I fatti non mentono, le persone sì. Michael Jackson era e sarà sempre al 100% innocente da queste false accuse”.
Il calore dei fan
Sulla scia delle parole della famiglia Jackson, sui social si è prontamente diffuso l’hashtag #FactsDontLiePeopleDo (i fatti non mentono, le persone sì). Sono milioni i fan che si schierano dalla parte di Michael Jackson, giudicando il documentario un mero esercizio di fantasia e i due accusatori dei bugiardi che vogliono infangare la memoria del cantante.
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