La morte sospetta di Albertina Martinez Burgos, 38 anni, dopo quella di "Mimo"

La morte sospetta di Albertina Martinez Burgos, 38 anni, dopo quella di "Mimo"
Fonte: web
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Solo qualche giorno fa parlavamo della morte sospetta di Daniela Carrasco, “El mimo”, trovata impiccata alla recinzione di un parco in un quartiere di Santiago, in Cile, dove dal 14 ottobre una protesta popolare di dimensioni immani ha dato il via a una vera e propria guerriglia urbana contro il presidente Piñera.

Ma il bollettino di guerra che arriva dal Paese sudamericano oggi ci costringe a parlare di un’altra morte che lascia, per usare un eufemismo, più di una perplessità, quella di Albertina Martinez Burgos, fotografa che secondo molti era impegnata proprio a documentare il clima infernale che si respira nelle strade della capitale e di gran parte del Cile in questi giorni di rivolta.

Ne hanno parlato molti media, locali e internazionali, ne ha parlato ancora il collettivo Ni Una Menos, secondo cui è inconfutabile che dietro la morte di Albertina ci sia, proprio come nel caso di Daniela, la mano della polizia cilena, impegnata a sopprimere la sommossa mirando soprattutto alle donne.

Albertina stava documentando la situazione in Cile – si legge nel post Instagram del movimento femminista – partecipando attivamente come fotografa alle manifestazioni. Ha documentato la violenza contro le giornaliste e le comunicatrici. Esigiamo di sapere le cause della sua morte, e che venga spiegato perché il suo computer e la sua macchina fotografica non sono stati ritrovati in casa al momento del ritrovamento del cadavere.

Sembrerebbe che Albertina sia stata picchiata e pugnalata nel suo appartamento nel centro di Santiago, e che sia stata ritrovata nella giornata di giovedì 21 novembre dalla madre, allertata dal ragazzo della figlia, che non riusciva a mettersi in contatto con Albertina. È vero che nell’abitazione non sono stati rinvenuti né il pc usato dalla ragazza, né la sua macchina fotografica, tuttavia a gettare acqua sul fuoco sulle circostanze della sua morte pare essere proprio la cerchia di persone vicine a lei, come testimoniato da una story pubblicata su Instagram e riportata dalla giornalista cilena Andrea Aristegui.

Siamo compagni e amici di Albertina – si legge nel post – Vogliamo chiarire che ufficialmente non ci sono informazioni sulla sua morte. Nel contesto in cui ci troviamo sappiamo che la marcia di giovedì 14 novembre è stata la prima a cui abbia partecipato, e sappiamo che la nostra cara Bety aveva un po’ paura di assistere alle marce, quindi vogliamo chiarire che Albertina non documentava attivamente le manifestazioni. Chiediamo rispetto per la sua famiglia, i suoi amici e colleghi. In attesa di avere giustizia per la nostra amica.

Nonostante le parole dei familiari, che smentirebbero la partecipazione attiva di Albertina alle sommosse come reporter e spiegherebbero che quella del 14 novembre sarebbe stata la prima marcia che avrebbe documentato, il procuratore Débora Quintana, della procura della North Central, sarebbe in attesa dei risultati dell’autopsia ma, come spiegato in questo articolo, starebbe comunque “chiaramente indagando su un presunto omicidio”.

È chiaro che quella di Albertina è un’altra morte su cui pende più di un dubbio e su cui c’è da sperare venga fatta chiarezza; ed è altrettanto chiaro che, proprio come per Daniela Carrasco, anche sulla scomparsa della fotografa pesa la consapevolezza del contesto difficile in cui si trova il Cile in questo momento e il clima generale di violenza, che rende davvero complesso distinguere la verità e comprendere se si tratti di un moto di odio contro le donne o se Daniela, come Albertina, non siano che le vittime “collaterali” di una repressione sanguinaria ma indiscriminata, a prescindere dal sesso.

Sfogliate la gallery per sapere qualcosa in più su Albertina Martinez Burgos.