Non c’è pace per Hina: se la sua foto sulla lapide è troppo “scoperta”
Hina sembra non trovare pace nemmeno dopo 12 anni dalla morte: il fratello strappa dalla tomba la sua foto perché "troppo scoperta".
Hina sembra non trovare pace nemmeno dopo 12 anni dalla morte: il fratello strappa dalla tomba la sua foto perché "troppo scoperta".
Era l’agosto del 2006 quando giornali e telegiornali raccontavano la tremenda uccisione di Hina Saleem, punita con la morte per la sua vita all’occidentale dal padre e da altri familiari. Un caso che aveva colpito molto l’opinione pubblica ed era stato al centro, lo ricorderete, anche della discussione politica.
In questi giorni, a 12 anni di distanza dalla morte, Hina sembra non trovar ancora pace in quanto la foto sulla sua lapide è stata rimossa. A toglierla è stato il fratello maggiore Suleman, diventato capofamiglia dopo l’arresto del padre, che ha spiegato al Corriere:
«Non andava bene, non era una fotografia rispettosa» dice, precisando di aver agito da solo «dopo averne parlato con la mia famiglia, la comunità musulmana non c’entra nulla». (l’Islam vieta i ritratti dei defunti. ndr) «Non importa, io non la penso così» ribatte Suleman, che ancora ringrazia il benefattore del suo gesto («noi non potevamo permetterci una lapide: a casa siamo in quindici tra parenti e bambini e lavoriamo solo io, che faccio il corriere, e mia madre») ma non cede di un passo: «Sceglierò un’immagine più adeguata e decorosa per ricordare mia sorella, una in cui appare più coperta». Promette che lo farà. E fa un esempio: «Vede, è un po’ come quando vuoi andate in chiesa, mica lo fate in ciabatte e pantaloncini. Ci sono entrato anch’io in una chiesa, sa? Facevo il grest, da ragazzino. E ricordo bene che il parroco ci diceva di coprirci. Il principio è lo stesso: il ritratto di Hina che c’era sulla sua tomba non era rispettoso».
La tomba era stata realizzata la scorsa primavera da un benefattore anonimo che aveva scelto la foto di Hina che vedete in alto, sorridente con una canotta rosa. È chiaro che il grado di “decoro” che una foto deve tenere per essere degna di essere posta su una lapide è soggettivo. L’unica che però avrebbe il diritto di poter scegliere a riguardo è proprio Hina, che quel diritto ormai non lo ha più, strappato via con violenza quando aveva tentato di conquistarlo e seppure non possiamo sapere cosa la ragazza avrebbe preferito sulla propria lapide, è difficile non vedere questa vicenda come l’ennesima limitazione a una donna che non voleva altro che essere libera.
Sfoglia la gallery in alto dove ripercorriamo la terribile vicenda di una ragazza uccisa a coltellate e seppellita nell’orto di casa dal padre e da altri parenti maschi che non le hanno perdonato la sua vita da occidentale, il suo fidanzato italiano e il suo desiderio di essere una ragazza come le altre.
Il corpo della ragazza venne scoperto il 12 agosto, in seguito a una segnalazione, sepolto nel giardino di casa a Sarezzo, dai carabinieri. A chiamarli era stato Giuseppe Tempini, il fidanzato della ragazza preoccupato perché non aveva più notizie di lei dal giorno prima. Hina, infatti, è stata sgozzata la sera dell’11 agosto dal padre e da altri familiari.
Il padre, dopo averla uccisa perché si vestiva alla moda e aveva atteggiamenti troppo all’occidentale, l’aveva seppellita con l’aiuto di alcuni parenti nel giardino di casa, a Ponte Zanano di Sarezzo, con il capo rivolto verso la Mecca.
I carabinieri nei giorni successivi al ritrovamento arrestarono quattro persone per il delitto. I processi, definitivi, hanno portato a pene importanti. Al padre Mohammed Saleem, il massimo della pena per il rito abbreviato, 30 anni mentre 17 anni per i due cognati della ragazza, 2 anni per lo zio.
Durante i processi più volte la madre di Hina, che nei giorni dell’omicidio era in Pakistan con gli altri figli a far visita alla famiglia d’origine, si è schierata con il marito.
In casa Saleem dicono – in diverse interviste – di non aver mai dimenticato Hina ma non hanno mai accettato la tesi “di una ragazza che voleva vivere all’occidentale”, la madre e i fratelli si sono tutti schierati con il padre e attribuiscono la colpa di tutto a un gesto di rabbia. Il Giornale di Brescia riporta:
Nella casa dei Saleem nessuno parla di delitto «di una ragazza che voleva vivere all’occidentale». È una tesi che la moglie del padre assassino e neppure i figli hanno mai accettato. «È stata solo rabbia, Hina poteva fare quello che voleva» racconta il fratello diventato capofamiglia. Nell’abitazione di Lumezzane però tutte le donne vestono con abiti tradizionali, stanno un passo indietro all’uomo. Capiscono l’italiano, ma non lo parlano. «L’Italia è casa nostra e abbiamo ottenuto la cittadinanza» è il pensiero del fratello minore di Hina, cresciuto in fretta dopo l’11 agosto 2006. «E scrivete pure che ogni giorno penso a quello che è successo a Hina e con i risparmi onorerò al meglio la sua memoria».
Per anni quella di Hina è stata una tomba praticamente abbandonata al Cimitero Vantiniano di Brescia. Poi un benefattore anonimo ha deciso di donare alla ragazza una lapide con la foto tolta dal fratello di Hina.
Tra i vari commenti postati nei social sulla notizia anche quello dell’onorevole Daniela Santanchè che da sempre segue – presenziando più volte ai processi in tribunale – il caso della giovane, la deputata di FDI ha scritto su Facebook:
Hina voleva solo vivere libera, scegliere con chi sposarsi, come vestirsi. Ma i suoi carnefici, che poi sono i suoi famigliari, la perseguitano anche da morta. Non dobbiamo più permettere alla barbarie islamica di attecchire a casa nostra.
Il caso di Hina è stato per lungo tempo al centro del dibattito politico tra immigrazione, integrazione e seconde generazioni.
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