In molti in queste ore si stanno chiedendo cosa sta accadendo a Pavia, dove sono apparse decine e decine di foto, tutte formato 30×30, che ritraggono dei capezzoli. Dopo Milano e Bologna, dunque, è toccato anche alla città di Pavia, dove le reazioni delle persone sono state le più svariate. Luogo di discussione – e soprattutto di “reportage” – è senza dubbio Instagram, come vi mostriamo nella nostra gallery.
Ma cosa si nasconde dietro queste immagini? La prima “invasione dei capezzoli” è partita da Milano, dove una ragazza fotografa, insieme alle sue amiche, ha deciso di coprire i muri della città con foto di seni, in occasione della festa della donna. Loro vogliono restare anonime, anche se l’iniziativa ha già fatto il giro dei social network. Di certo non poteva passare inosservata.
#feelthenipple è l’hashtag che letteralmente significa “senti il capezzolo” e che richiama una vecchia campagna lanciata dall’attivista Lina Esco. Si registra tra l’altro che, per ben tre volte, il profilo Instagram delle ragazze è stato rimosso poiché sui social è scattata la censura: guai a postare foto di capezzoli. Potrebbero urtare la sensibilità degli utenti o violare la policy dei social.
Ma come hanno fatto a tappezzare una città di foto? Uscendo di notte a gruppi di due o quattro e cercando di non farsi scoprire. Infine una domanda sorge spontanea: perché lo fanno? Questa la risposta delle autrici a “The submarine”:
È sì una progetto contro la censura dei social ma anche contro una censura in senso più ampio, per questo ci interessa attaccarli sui muri e non semplicemente pubblicare le foto su Instagram. Ne è stata dimostrazione il fatto che la gente si è messa a grattare via proprio solo il capezzolo dalle foto che abbiamo attaccato ai muri di Milano: allora non stiamo solo parlando di Instagram che ha un problema con i capezzoli, ma si tratta di un problema diffuso.
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