Quello della minigonna a scuola è diventato un vero e proprio caso che ha diviso l’opinione pubblica, soprattutto perché alcuni, nel dibattito, tendono a confondere la discrezionalità di applicare un dress code adatto all’occasione – che vale per tutti i generi, indistintamente – con le motivazioni date a suffragio della “crociata” contro le gonne troppo corte delle studentesse.
In Francia, ad esempio, i movimenti femministi e le Femen hanno dato vita a una protesta dopo le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione Jean-Michel Blanquer che, a proposito di dress code scolastico, ai microfoni di RTL ha spiegato la necessità di vestirsi “in modo repubblicano”.
Ovviamente la terminologia usata dal ministro ha lasciato perplesse le studentesse e, più in generale, le donne francesi, che hanno detto di non comprendere bene quale sarebbe questa “tenue republicaine” intesa da Blanquer, e hanno dato vita a un’ampia manifestazione di dissenso via social, dove, dopo l’hashtag #lundi14septembre, nato proprio per opporsi alle motivazioni addotte dal ministro rispetto all’abbigliamento femminile negli istituti francesi, ne è nato un altro: #unetenuerepublicainepourjeanmi.
Le ragazze hanno così cominciato a mostrarsi con un seno nudo, proprio come la Marianne, simbolo francese, nel famoso quadro di Eugène Delacroix, La libertà che guida il popolo. Insomma, prendendo alla lettera lo spirito repubblicano, incarnato da colei che, tradizionalmente, è considerata l’eroina di Francia e simbolo della sua emancipazione.
Queste pacifiche proteste hanno però costretto Blanquer a specificare che “non intendeva abiti repubblicani ma una scuola repubblicana”. Il che, oggettivamente, non è molto più chiaro rispetto a quanto affermato in precedenza.
La scuola non è un luogo come gli altri – ha chiosato il ministro – Non si va a scuola come si va in spiaggia o in discoteca […] Ognuno può capire che si viene a scuola vestiti in modo repubblicano. […] è una questione di eguaglianza sociale poi di protezione e riguarda sia i maschi che le femmine. Non si va a scuola in shorts, se non per fare educazione fisica e sportiva.
Detta così ha già più senso, perlomeno partendo dal presupposto con cui abbiamo aperto l’articolo, che sia legittimo stabilire un dress code adeguato al luogo in cui ci si trova, che vale indifferentemente per maschi e femmine. Diversa è invece l’idea di far passare la minigonna come il male assoluto perché altrimenti potrebbe invitare i professori a “far cadere l’occhio”, come sarebbe stato affermato dalla vicepreside del liceo Socrate di Roma, dove le studentesse hanno dato vita a un’altra protesta, proprio per sottolineare il profondo errore alla base di questa asserzione.
C’è poi chi discute sull’opportunità di mostrarsi a seno nudo per portare avanti questa forma di dissenso, e su quanto invece non si tratti di mero esibizionismo; si torna sostanzialmente un po’ al discorso della Naked Athena di Portland, la ragazza bianca che, durante le proteste seguenti alla morte di George Floyd, ha protestato per le strade della città semplicemente mostrandosi nuda.
Una protesta pacifica, fatta semplicemente esibendo la propria nudità, che però per qualcuno non ha aggiunto nulla alle ragioni della contestazione afroamericana, anzi ha finito con il distogliere l’attenzione, andando perciò a inserirsi, secondo i detrattori, nello spettro del narcisismo. In realtà il gesto della sconosciuta Naked Athena, così come quello delle studentesse, può rientrare in quella pratica chiamata anasuromai o anasyrma, che fin dall’antichità prevedeva proprio di alzarsi la gonna e mostrare i genitali, o comunque mostrare il corpo nudo, in segno di protesta o anche per rituali religiosi. Qualcosa di completamente diverso dal flashing, per intenderci che, pur se simile dal punto di vista materiale, comporta eccitazione sessuale e deve quindi essere classificato come manifestazione di esibizionismo.
L’anasuromai è un vero e proprio mezzo di repulsione verso un nemico soprannaturale, usato dalle donne greche, irlandesi e, anche oggi, in Africa, tanto da essere citato da Naminata Diabate nel suo ultimo libro, Naked Agency: Genital Cursing and Biopolitics in Africa.
Così come i seni nudi delle Femen – più recentemente le abbiamo viste in azione al Musée d’Orsay, dove una visitatrice è stata respinta a causa di una scollatura giudicata troppo osé – sono un dichiarato atto politico, allo stesso modo lo sono quelli delle ragazze che protestano contro Blanquer e la sua scuola repubblicana. Senza dimenticare che il loro, come detto, è anche un chiaro richiamo a un’eroina francese e seminuda, che non ha mai destato scandalo.
Contro il ministro
Ecco alcune delle immagini postate sui social per protestare contro la “scuola repubblicana” di cui ha parlato il ministro dell’Istruzione francese Jean Michel Blanquer.
Come moderne Marianne
I seni nudi, queste ragazze richiamano ovviamente alla memoria il quadro di Delacroix, in cui l’eroina francese appare con le vesti stracciate e un seno scoperto, mentre brandisce il vessillo francese.
L'hashtag
Davvero irriverente: #unetenuerepublicainepourjeanmi, ovvero “una tenuta repubblicana per Jean Michel”.
Atto politico
A suo modo, quello di queste ragazze è un atto politico.
Le Femen
Molto attive anche le Femen, che hanno protestato contro le dichiarazioni del ministro…
Al Musèe d'Orsay
… Ma anche contro la scelta del Musée d’Orsay di impedire l’accesso a una ragazza la cui scollatura è stata giudicata eccessiva.
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