Nessuno muore davvero finché vive nel cuore di chi resta.
Una frase che ha il sapore della speranza, dell’affetto, di un saluto che non vuol essere un addio e allora sceglie di essere semplicemente un “arrivederci”, di una promessa; quella di non dimenticare, di non relegare in un angolo della memoria ma di continuare a mantenere vivo il pensiero di un campione sfortunato, volato via troppo presto.
Questa è solo una delle tante frasi scritte sugli striscioni comparsi ieri in ogni settore dello stadio Artemio Franchi di Firenze, anzi in ogni stadio italiano, come vedrete nella gallery; parole, colori, disegni, palloncini, lacrime. Tutto per lui, per Davide, per il capitano che se n’è andato in quella stanza d’albergo di Udine, il 4 marzo.
Nella domenica irreale, stranamente silenziosa negli stadi pieni, sugli spalti traboccanti di tifosi con gli occhi ancora pieni di lacrime e poca voglia di gioire per un gol o arrabbiarsi per un fuorigioco inesistente, tutto è stato dedicato a Davide Astori, che nel dolore ha saputo unire colori, rivalità sportive e campanilismi. La “vita”, sul rettangolo di gioco, deve riprendere, lo spettacolo deve andare avanti, ma con il cuore ancora gonfio di pianto e la tristezza come insolita compagna di squadra. Non può essere altrimenti.
I compagni della Fiorentina hanno lottato contro lo strazio, contro l’amara consapevolezza di non avere più il loro faro lì, al centro della difesa, con quella fascia da capitano stretta sul braccio e quel numero sulle spalle che, esecrato da molti, bollato come “sfortunato”, lui aveva voluto prima a Cagliari, poi nella squadra viola. Lo stesso che adesso, dopo la sua scomparsa, è stato ritirato da entrambe le società.
Al minuto 13 la partita al Franchi si è fermata, sostituita da un lungo, immenso, interminabile applauso, accompagnato da una coreografia che ha spezzato il cuore, un’intera curva capace di scrivere il suo nome e il suo numero di maglia a caratteri cubitali. Come a dirgli “Leggi, Davide, è tutto per te”.
Non solo a Firenze, però, lo abbiamo detto: il dolore si è sentito, palpabile, pungente, in ogni stadio del nostro paese, in tutti quei 90 minuti che si sono giocati, in ogni rete che è stata segnata e che, inevitabilmente, gli è stata dedicata. Dichiaratamente o no, perché in fondo, dove è Davide ora, le dediche ci piace pensare che gli arrivino anche solo con il pensiero.
Anche la sua “viola” ha vinto, nel suo stadio, nello stadio tutto dedicato a Davide, 1-0 contro il Benevento. E, se amate le coincidenze, vale la pena sapere questo: il gol decisivo lo ha segnato Vitor Hugo, l’uomo che lo ha sostituito in campo. Era alla tredicesima presenza in campionato, e il suo numero di maglia è il 31, gli stessi numeri che portava Davide, seppur rovesciati. Volete sapere a che ora ha segnato? Alle 13. E il corrispettivo femminile del suo nome è Vittoria, proprio come la bambina di Davide.
Per chi crede nel destino e nei suoi segni questa è la testimonianza più vivida del fatto che Davide, come in conferenza stampa ha detto il suo allenatore, Stefano Pioli, “solo fisicamente non sia più qui, ma spiritualmente c’è ancora”. E, in fondo, per andare avanti e trovare un sollievo dal dolore, non abbiamo forse tutti bisogno di credere in qualcosa?
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