La svolta clamorosa del delitto di Arce: Serena Mollicone uccisa in caserma

La svolta clamorosa del delitto di Arce: Serena Mollicone uccisa in caserma
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Ci sarebbe una svolta clamorosa e, a distanza di diciotto anni, un nome nel delitto di Arce in cui, nel 2001, perse la vita la giovane Serena Mollicone. Il suo è finora uno dei tanti i casi di cronaca nera rimasti tuttora irrisolti nel nostro paese, come il delitto di via Poma che costò la vita a Simonetta Cesaroni, nel 1990, o che hanno particolarmente impressionato l’opinione pubblica, come quello di Yara Gambirasio, per cui è in carcere Massimo Bossetti, il quale però si è sempre proclamato innocente, o di Sarah Scazzi, la sedicenne di Avetrana che sarebbe stata uccisa dalla zia e dalla cugina con la complicità dello zio, Michele Misseri.

L’omicidio di Serena, uccisa ad Arce, nel frusinate, nel giugno del 2001, sarebbe avvenuto presumibilmente il 1° ma scoperto solo due giorni più tardi; la ragazza, iscritta all’ultimo anno del liceo socio-psico- pedagogico “Vincenzo Gioberti” di Sora, fu ritrovata da una squadra della Protezione Civile nel boschetto di Fonte Cupa, ad Anitrella, una frazione di Monte San Giovanni Campano, a 8 km circa da Arce, con un sacchetto di plastica sulla testa, mani e piedi legati con scotch e fil di ferro, e il nastro adesivo che le copriva la bocca, causandole l’asfissia che le è stata letale.

Negli anni molti misteri, piste e congetture si sono intrecciate al delitto di Serena, che abbiamo ripercorso passo passo in gallery; ma la verità più terribile, e sorprendente, è emersa dopo che, nel 2016, il GIP di Cassino, Angelo Valerio Lanna, ha deciso di non archiviare il caso chiedendo invece una riesumazione del cadavere per procedere a nuovi esami legali, che si sono svolti al LABANOF dell’Università degli Studi di Milano.

L’anatomopatologa Cristina Cattaneo ha concluso la seconda autopsia nel novembre del 2017, depositando una perizia di 250 pagine, in cui emerge chiaramente che c’erano dei frammenti di legno sullo scotch usato per chiudere la bocca di Serena.

Proprio quei frammenti sono stati esaminati dai RIS, e la conclusione, scioccante, a cui sono giunti è che la giovane sia stata uccisa proprio all’interno della caserma dei carabinieri di Arce, o almeno aggredita e picchiata violentemente, prima di essere portata nel bosco di Anitrella dove è stata poi ritrovata.

La pista che conduce ai carabinieri di Arce non era, in realtà, del tutto nuova, visto che nel 2008 aveva lasciato dubbi e perplessità il suicidio del carabiniere Santino Tuzi, e che già nel 2011 erano stati iscritti nel registro degli indagati il maresciallo Franco Mottola, ex comandante della stazione di Arce, la moglie e il figlio, Marco.

Proprio il suo, però, sarebbe il nome fatto nelle ultime ore è indicato come l’autore del delitto. Il figlio dell’ex comandante Mottola sarebbe finito nel mirino dei carabinieri che indagano sulla morte della diciottenne, come spiegato nell’informativa consegnata al sostituto procuratore della Repubblica di Cassino, Maria Beatrice Siravo. Serena si sarebbe recata in caserma per denunciare dei traffici illeciti, e sarebbe stata condotta in un alloggio in disuso a disposizione della famiglia dell’allora comandante, dove sarebbe stata aggredita sbattendo la testa. Credendola morta, sarebbe stata portata nel boschetto, per essere soffocata una volta ripresa conoscenza.

“Io, mio padre e mia madre non c’entriamo assolutamente nulla – si è difeso Marco Mottola al Tg1 – La conoscevo ma non benissimo. Abbiamo fatto analizzare le macchine ed è stato tutto negativo, non è vero che il Dna trovato su di lei è compatibile col mio e poi chi lo dice che era negli alloggi della caserma”.

Se confermato, però, il coinvolgimento di Mottola segnerebbe un deciso punto di svolta nelle indagini per la morte della ragazza, che di certo non restituirà la figlia a papà Guglielmo, ma che almeno, speriamo, potrebbe rendergli quella giustizia che merita e che aspetta da 18 anni.