Sono passati 12 anni dal 20 novembre 2012, quando lo studente Andrea Spezzacatena si tolse la vita a soli quindici anni, per colpa del bullismo che subiva a scuola.

Simbolo della campagna d’odio nei suoi confronti divennero dei pantaloni rosa, che indossò una mattina a scuola, causandogli l’accusa di essere gay, con tanto di pagina Facebook creata per bullizzarlo. Per la madre, Teresa Manes, Andrea gay non lo era, ma questo non ha importanza: fu comunque l’omofobia a ucciderlo.

Per questo motivo, dalla scomparsa del figlio, Manes si è impegnata per fare attivismo nelle scuole contro il bullismo, per rendere omaggio alla vita di Andrea e per evitare che episodi simili accadano ancora.

Qui potete trovare la nostra intervista a Teresa Manes del 2019:

Quest’anno la sua storia è confluita in un film, Il ragazzo dai pantaloni rosa, per la regia di Margherita Ferri e prodotto da Eagle Pictures e Weekend Films, in uscita nelle sale il 7 novembre e che è stato presentato alla Festa del Cinema di Roma, dove però quello stesso bullismo che portò Andrea a uccidersi si è manifestato ancora.

Durante la proiezione del film, un gruppo di studenti accompagnati ha fischiato la pellicola e ha urlato insulti omofobi, come “fro***” o “gay di m**da”, o ancora “ma quando s’am***za”.

Nel commentare l’episodio, Manes ha parlato di “parole pesanti come macigni” e ha aggiunto: “Mio figlio non c’è più ma l’omofobia a quanto pare si!”

Non ha voluto però dare spazio alla rabbia, reindirizzando la responsabilità di quegli insulti agli adulti:

“Quegli insulti erano sorretti dall’impalcatura della indifferenza che è la forma più subdola della violenza. Io non so se dietro quel gruppo rumoroso c’è l’assenza di quella educazione primaria che spetta alla famiglia. Il bisogno di affiliazione e, dunque, la necessità di fare parte di un gruppo può portare, specie in età adolescenziale, a fare o a dire cose che un genitore magari manco immaginerebbe mai dal proprio figlio. Ma in quel contesto, anch’esso educativo, chi ha fallito è stato quell’adulto, incapace di gestire la situazione e rimettere ordine, probabilmente non avendo avuto tempo o voglia di preparare la platea dei partecipanti, venendo, comunque, meno all’esercizio del ruolo che ricopre. Si parla di educare all’empatia e ci si mostra incapaci di farlo, permettendo di calpestare in modo impietoso la memoria di chi non c’è più e, soprattutto, un’attività di sensibilizzazione collettiva, portata avanti da chi ci crede ostinatamente.”

Purtroppo, però, a poca distanza da questo episodio, proprio alcuni adulti si sono resi responsabili di un altro atto di bullismo contro il film e contro la storia di Andrea: i genitori di alcuni studenti di una scuola media di Treviso hanno fatto pressioni sull’insegnante che aveva organizzato la proiezione del film (157 posti prenotati), con tanto di diretta streaming con la regista e con Manes per il 4 novembre, per spingerla ad annullare la proiezione. L’evento è stato così sospeso.

Per fortuna, non tutti i genitori si sono dimostrati intimoriti da un film contro il bullismo e infatti alcuni hanno scritto alla scuola lamentando la sospensione della proiezione.

Sul caso è intervenuto anche il sindaco leghista di Treviso, Mario Conte, che ha affermato come si sia “persa un’occasione di approfondire e conoscere meglio temi che sono vere piaghe della nostra società. Evitare di confrontarsi su questi argomenti non credo sia la soluzione. Omofobia, depressione, suicidi sono, ahimè, molto attuali nella società. Dispiace quello che è successo a Treviso, ma preoccupano anche le reazioni omofobe di Roma: due situazioni che devono far riflettere tutta la nostra comunità”.  

Il sindaco ha poi annunciato la volontà di organizzare la visione del film.

Lo stesso Ministro dell’istruzione Valditara è intervenuto sugli eventi all’anteprima della Festa del Cinema di Roma:

“Quello che è successo a Roma mi ha commosso e indignato anche per l’inciviltà, la vigliaccheria, lo squallore che emerge da comportamenti di questo tipo. – e ha aggiunto – Mi chiedo come sia possibile questa disumanità, il non avere neanche la compassione di sentire il dolore dell’altro, il dolore di una madre, il dolore di quel povero ragazzo.”

Premettendo che sia un bene che la politica si sia espressa su queste orribili vicende, che alimentano quella stessa omofobia che portò Andrea alla morte, non si può negare un certo stupore nell’incapacità di comprendere, da parte del Ministro da dove ha origine “questa disumanità”, quando le attuali forze politiche al governo sono le stesse che applaudiscono per l’affossamento di una legge contro l’omobitransfobia.

A loro non si può che rivolgere l’appello che la stessa Teresa Manes fa: “Mi piacerebbe che chi continua a negare l’omofobia in questo Paese prendesse spunto da quanto accaduto per rivedere il proprio pensiero e regolare il proprio agito. Perché la parola non è un concetto vuoto. La parola è viva ed uccide.”

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