Nina Corradini ha fatto parte della Nazionale di ginnastica ritmica, le cosiddette “farfalle” fino al 2021, ma non ha grandi ricordi di quell’esperienza. È lei stessa a raccontare di avere subito in quel periodo una serie di umiliazioni e “pressioni mentali” da parte delle allenatrici della Federginnastica.

La giovane, classe 2003, era entrata nelle Farfalle nel 2019, culminando il suo percorso di crescita con la conquista degli Europei di Budapest. Ogni mattina, però, era costretta a pesarsi su sollecitazione della sua allenatrice, che spesso aveva parole tutt’altro che tenere per lei a causa del suo peso, ritenuto non adatto per gareggiare ad alti livelli.

“Vergognati”, “Mangia di meno”, “Come fai a guardarti allo specchio?”, erano solo alcune delle frasi che lei è stata costretto ad ascoltare. Era praticamente impossibile, a suo dire ingrassare, chi non riusciva a farlo subiva veri e propri abusi: “Mangiavo sempre meno ma ogni mattina salivo sulla bilancia e non andavo bene: per due anni ho continuato a subire offese quotidiane – ha raccontato a Repubblica -. Ogni mattina e io e le mie compagne dovevamo stare in mutande davanti a tutte per pesarci. “Cercavo di mettermi in ultima fila perché non volevo essere presa in giro davanti alla squadra”.

Ogni sacrificio fatto non sembrava però essere mai sufficiente: “Io pesavo sui 55 kg (è alta 1,75 m), ma l’allenatrice aveva sempre da ridire. Avevo imparato che di notte perdevo 3 etti e che un bicchiere d’acqua ne pesava 2″.

Nina Corradini, però, non aveva solo smesso di fare colazione, ma finiva per mangiare di nascosto e comprare lassativi in farmacia temendo il fatidico momento della bilancia: “Mi pesavo anche 15 volte al giorno. Non avevo più forze e mi ammalavo. Avevo poco ferro”.

Pur avendo tre persone che la seguivano nei suoi allenamenti, oltre alla maestra di danza, lei se la prende soprattutto con una: “Era sempre lei a esprimersi con commenti negativi, le altre si limitavano a leggere i dati sul quaderno. Non so se la Federazione sia a conoscenza di questo metodo: magari dei controlli sì, ma del trattamento e delle umiliazioni no”. 

È stata lei stessa a dire basta a questi soprusi, dopo essere stata costretta a lavorare nonostante fosse svenuta pochi minuti prima: “Me lo ricordo il giorno in cui ho trovato la forza di andare via. Avevo passato ogni minuto degli ultimi mesi a desiderare di scappare da lì. Ora voglio proteggere le bambine più piccole: tutti devono sapere la realtà. accio fatica a mangiare in pubblico, ma spero di dare voce a tutte le altre vittime di queste pressioni”.

L’ex atleta ha raccontato quello che stava accadendo alla sua famiglia, che non si era accorta della situazione e da un anno ha iniziato a esser eseguita da una psicoterapeuta: ” Non è stato facile raccontare a loro quanto accaduto e i reali motivi che c’erano dietro la mia decisione di abbandonare la ginnastica ritmica. Gliene ho parlato separatamente: mamma si è messa a piangere in un ristorante, papà invece si è arrabbiato tanto con le allenatrici. Anche perché ero minorenne” – ha concluso.

La Federginnastica, contattata dal quotidiano per avere il suo punto di vista sulla vicenda, ha preferito non commentare. 

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