L'importanza di poter dire "mi fa male la vulva": le parole preziose di Giorgia Soleri

La modella e influencer è stata ospite di Andrea Delogu a Tonica, dove ha parlato della sua malattia: Metto il mio dolore alla mercé di chiunque per chiedere a gran voce un diritto".

Un dolore che l’ha accompagnata per otto lunghi anni, e che ancora non le dà tregua. Giorgia Soleri ha parlato della vulvodinia, una malattia ancora troppo sottovalutata e di cui non si parla abbastanza. La modella e influencer lo ha fatto con un monologo a Tonica, il late show di RaiDue condotto da Andrea Delogu.

“L’anno in cui ho iniziato a stare male è stato l’anno in cui ho iniziato a lavorare. L’anno del primo tatuaggio, l’anno della scoperta del sesso. Avevo 16 anni. Da allora sono sempre stata accompagnata dal dolore come un’ombra. È stato il mio compagno più devoto, silenzioso ma sempre presente”.

Soleri ha raccontato la sua esperienza e le difficoltà che ha dovuto affrontare a causa di una malattia quasi invisibile, che nessuno considera reale, di cui si conosce troppo poco:

“Mi sono sentita dire di tutto. Che ero pazza, che ero stressata, che mi inventavo i sintomi. Per non fare sesso, dicevano. In tanti momenti sono arrivata a crederci e a considerare quel dolore parte di me. Giorgia e il dolore, il dolore e Giorgia: una cosa sola. Non so più quante cose ho perso a causa del mio dolore”.

Poi, finalmente, per lei è arrivata la diagnosi: vulvodinia, contrattura pelvica e neuropatia del pudendo. Una diagnosi che per Giorgia Soleri ha significato moltissimo: la sua malattia esiste, non è qualcosa di invisibile a cui nessuno sembra credere.

“Mi hanno visto decine di specialisti, sono stata ricoverata in decine di ospedali. Sono svenuta per strada. Tutto questo è durato 8 lunghi anni fino a quando, due anni fa, questo dolore finalmente ha preso un nome e si è materializzato per tutti. Per me è sempre stato concreto… di invisibile c’era solo il nome: vulvodinia. Vi sembrerà strano ma ho pianto di gioia: per tanti il momento della diagnosi è una condanna, per me è stato una liberazione. Perché è reale, e significa anche la possibilità di ricevere una terapia. Non so se guarirò mai, ma una cosa è certa: un mostro, quando lo guardi in faccia, fa meno paura”.

L’influencer ha poi lanciato un appello, per fare in modo che la sua malattia, più diffusa di quanto di possa pensare, venga riconosciuta:

“Stasera sono qui, rinunciando alla mia privacy e mettendo il mio dolore alla mercé di chiunque, solo per chiedere a gran voce un diritto: il riconoscimento sociale, politico, medico ed economico di una malattia ancora sottovalutata ma estremamente invalidante come la vulvodinia”.

La discussione continua nel gruppo privato!
Seguici anche su Google News!