Un nuovo rapporto stilato a livello globale, basato su una ricerca dell’International Centre for Journalists (ICFJ) e dell’Università di Sheffield, rivela che la maggior parte delle giornaliste subiscono attacchi basati sulla disinformazione, volti a infangare la loro reputazione.

Gli autori del report, intitolato The Chilling, hanno intervistato oltre 1.000 giornaliste in 15 Paesi, e hanno scoperto che la stragrande maggioranza delle giornaliste ha subito abusi e minacce online basate sul genere: il 41% delle intervistate ha dichiarato di essere stata presa di mira in attacchi online che sembravano essere collegati a campagne di disinformazione orchestrate.

In particolare il rapporto evidenzia “il victim-blaming e lo slut-shaming che perpetuano le risposte sessiste e misogine alla violenza offline contro le donne nell’ambiente online, dove le norme patriarcali vengono rafforzate in modo aggressivo“.

Se il 64% di tutte le giornaliste bianche intervistate ha dichiarato di aver subito violenza online, le percentuali sono state più alte per le giornaliste nere (81%), indigene (86%) ed ebree (88%).

Le percentuali sono state molto alte per le intervistate lesbiche e bisessuali: rispettivamente dell’88% e dell’85%, rispetto al 72% delle donne eterosessuali. I dati mostrano anche che le donne arabe sono più a rischio di subire attacchi fisici collegati alla violenza online (53% rispetto al 20% complessivo).

Tra le intervistate c’è anche la pluripremiata giornalista investigativa del Guardian e dell’Observer Carole Cadwalladr, che ha rivelato come i dati personali di milioni di utenti di Facebook siano stati raccolti segretamente dalla società di consulenza britannica Cambridge Analytica, in gran parte per la pubblicità politica: l’analisi del team ha rilevato che Cadwalladr è stata oggetto di 10.400 casi distinti di abuso tra dicembre 2019 e gennaio 2021.

Cadwalladr ha raccontato ai ricercatori di The Chilling che “qualche centinaio di anni fa sarei stata bruciata sul rogo” e che ora è diventata un “sacco da boxe nazionale“.

Il rapporto ha mostrato anche che c’è un legame tra minacce digitali e minacce fisiche: nel report si fa riferimento, per esempio, al femminicidio della giornalista messicana María Elena Ferral, che prima di essere uccisa aveva denunciato le molestie online da parte del figlio di un sindaco.

Gli autori di The Chilling chiedono ai governi, all’industria dell’informazione e alle grandi aziende tecnologiche di fare di più per affrontare quella che definiscono “una crisi di violenza online nei confronti delle giornaliste“.

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