Dopo la notte degli Oscar 2019, il Green Book che dà il titolo alla pellicola di Peter Farrelly – sì, lo stesso che con il fratello Bobby ha realizzato commedie romantiche divertenti e molto politicamente scorrette – è oggetto di grande curiosità. Il film parla della vera vicenda del jazzista afroamericano Donald Shirley, in procinto di fare un tour negli Stati Uniti del Sud, dove le leggi Jim Crow – quelle del segregazionismo tra caucasici e afroamericani – sono particolarmente dure e sentite: ingaggia così un ex buttafuori italo-americano, che diventa il suo autista, scoprendo come viaggiare in automobile fosse particolarmente pericoloso per le persone dalla pelle scura.

La pellicola è stata tacciata da alcuni di razzismo – probabilmente sulla scorta del fatto che il Green Book del titolo esisteva davvero: si trattava infatti di una guida di viaggio per afromericani negli Stati Uniti, che aveva incontrato il favore di molti bianchi, prima dell’integrazione razziale. Il New York Times ne racconta i prodromi e la genesi, spiegando come fosse in realtà un testo davvero rivoluzionario e soprattutto scritto in codice, un codice che i caucasici dell’epoca non compresero neppure lontanamente.

Per capire meglio i tempi in cui il libro ebbe successo vi basta ricordare un caso giudiziario degli anni ’30 molto celebre. Il dottore afroamericano B. Price Hurst si era recato a New York con la propria famiglia, ma era stato cacciato dal Prince George Hotel nonostante avesse prenotato per sé e la sua famiglia. L’uomo non si aspettava naturalmente una simile accoglienza nella Grande Mela. Trovò posto solo in un albergo del quartiere nero di Harlem, dopo altri quattro tentativi in altrettante strutture, ma non si diede per vinto e fece causa al Prince George, vincendo. Da quel momento tutte le strutture alberghiere newyorkesi cambiarono registro: il costo di una causa persa in tribunale per discriminazione razziale sarebbe potuta essere molto alta, dato il precedente che Hurst aveva creato, ma questa era New York.

Per gli Stati del sud invece non era insolito che un afroamericano che viaggiasse in auto fosse vittima di discriminazione – nel migliore dei casi. Così, un impiegato postale residente a Harlem che si chiamava Victor Hugo Green iniziò a raccogliere il materiale per una guida turistica nazionale, pensata per mettere in guardia gli automobilisti neri, indirizzandoli sulle strutture che li avrebbero ben accolti. Il libro prese il nome di Negro Motorist Green Book, e ha dato vita, oltre al succitato film da Premio Oscar, al documentario Driving While Black: African Americans on the Road in the Era of Jim Crow.

Le leggi Jim Crow non riguardavano “semplicemente” quali bagni poter usare o dove sedersi nei mezzi pubblici. La questione era decisamente complessa. Con il film The Help molti hanno scoperto che, per esempio, in Mississippi non era legalmente possibile che un parrucchiere nero tagliasse i capelli ai bianchi, o che i bambini caucasici e afroamericani si scambiassero i libri di testo. Dal punto di vista della sanità andava anche peggio: gli afroamericani non venivano curati negli ospedali dei bianchi, salvo essere stipati in scantinati umidi. Raramente sopravvivevano dopo una malattia o un pestaggio grave. Tornando al Green Book, non si sa molto del suo autore, Victor Hugo Green, che tra l’altro parlava poco di quell’opera. Come ricorda il New York Times la prima edizione non esortava i viaggiatori neri a boicottare nulla né includeva richieste di uguali diritti, ma si limitava a riportare:

fatti e informazioni legate all’automobilismo, che il negro automobilista può utilizzare e da cui dipendere.

Per i lettori bianchi il Green Book fu una dichiarazione di buon senso, ma in realtà era ampiamente sovversivo, perché proponeva un’immagine reale ma alquanto nuova degli afroamericani. I “negri” venivano dipinti come dei consumatori, una parte di mercato del tutto nuovo che poteva essere accolta dagli imprenditori bianchi e cancellare di fatto la discriminazione razziale, perché poco conveniente sul piano economico. E infatti i neri che viaggiavano hanno aggiunto democrazia al Paese, tanto che la pubblicazione del Green Book cessò dopo il Civil Rights Act del 1964 che bandì la discriminazione razziale negli alloggi pubblici. Il volume resta a tutt’oggi un documento storico, ma da quel momento non ce ne fu più bisogno.

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